Spazi fluidi
(conosciuti e ri-conosciuti): parte seconda
Come abbiamo già anticipato nell’articolo precedente (Spazi fluidi: parte prima) il contesto che rappresenta il nostro luogo di lavoro, sia esso l’abitazione, l’ufficio o un’azienda, influisce sulle nostre prestazioni.
Nel caso dello smart working assistiamo ad un rafforzamento dei legami che già sono forti, che appartengono alla cerchia dei nostri familiari e amici, ma che rischia di indebolire di molto quelli già deboli, di ridurre sempre più le conoscenze estemporanee nate nell’occasione di incontri casuali, altrettanto importanti per la nostra sfera sociale.
L’effetto è quello di ridurre e frammentare le interazioni dovute alla comunicazione virtuale che prende il sopravvento (Mark Granovetter, “La forza dei legami deboli”, 1973).
E il futuro cosa ci riserva?
Lo smart working diventerà parte integrante della nostra vita. Le implicazioni saranno a vantaggio sia di lavoratori, sia di datori di lavoro, sia della società intera. Già si nota la volontà di molte realtà aziendali di mantenere e migliorare questa tipologia di lavoro anche post pandemia.
Gli aspetti fondamentali da non sottovalutare saranno:
- la flessibilità, quanto più possibile, dello spazio abitativo, che dovrà essere fluido e dinamico, in grado di cambiare a seconda delle diverse esigenze, del tempo e dell’organizzazione familiare. Si andrà modificando la mentalità product-oriented sostituendola o integrandola con quella result-oriented. Anche gli arredi dovranno essere “flessibili” (nido d’ape, ad incastri, richiudibili), i volumi non spariranno ma dovranno essere in grado di trasformarsi in relazione alla funzione che si necessita attribuirgli;
- l’isolamento visivo e acustico: le distrazioni compromettono la concentrazione. Il lavoratore, nonostante sia presente in casa, non è disponibile. Muri invisibili, distanziatori naturali, arredi fonoassorbenti saranno gli elementi di arredo irrinunciabili.
La direttrice dell’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano, Fiorella Crespi, precisa che il concetto di smart working va oltre il recarsi, o meno, sul luogo di lavoro abituale. Lo smart working non è sinonimo di telelavoro ma è “una filosofia manageriale diversa, che non necessariamente prevede di lavorare da casa”. Non si tratta di ore passate davanti al Pc, bensì di obiettivi raggiunti.
Si lavora per progetti e l’organizzazione, lo spazio e le modalità non sono fisse e predefinite, si adattano all’attività e alle esigenze.
Ogni lavoratore è libero di ricreare le condizioni personali che meglio si adattino alle proprie inclinazioni e siano più funzionali al raggiungimento degli obiettivi.
Suggerimenti importanti, perché il tutto possa svilupparsi in maniera ottimale, sono da rispettare nella scelta degli arredi (funzionali, pratici, trasportabili, multifunzionali), ponte tra sfera privata e sociale, integrazione tra interno ed esterno, filtro sugli accessi negli spazi riservati.
Melania Deiana, architetto, ci fa notare come “La pandemia ci ha fatto riscoprire l’importanza della casa per vivere bene”.
Non è importante solo ricavare i giusti spazi, ma anche usarli in modo corretto. Assistiamo, quindi, ad un cambiamento nella progettazione degli spazi interni. Ora, le case sono vissute tutta la giornata, non solo al rientro la sera, occorre allora prestare attenzione ad alcuni punti:
- eliminare il superfluo per lasciare spazio al funzionale (es. sfondi adattabili),
- luminosità e ariosità degli ambienti che stimolano la concentrazione e la creatività (es. inserendo delle piante),
- migliorare la suddivisione tra zona giorno e zona notte (work life balance),
- personalizzazione ed ergonomia, per il benessere fisico e psichico.
Se, come dicevamo, la tendenza delle aziende è di integrare e sovrapporre l’orario lavorativo nella modalità casa-ufficio, in presenza e da remoto, allora dovremo ricalibrare gli spazi domestici e i relativi arredi, come pure per gli uffici che andranno ripensati.
Si potrà intervenire con la riduzione delle metrature dedicate, ma anche con la rivoluzione delle funzioni e con spazi condivisi e flessibili. L’approccio sarà prevalentemente human centered, volto al benessere dei lavoratori che si tradurrà con un miglioramento anche delle prestazioni professionali. O meglio, questo è ciò che ci si augura.
Il lavoro si sta sempre più diffondendo e integrando nel tessuto urbano, e ciò comporterà una riprogettazione degli spazi. In Francia, ad esempio, a Montrèal, sono state realizzate e distribuite per la città e nei parchi, delle casette con postazioni di lavoro adeguate e gratuite (The summer island network da aire commune). Ciò offre la possibilità di lavorare svincolati da un luogo fisso, ma negli spazi urbani che lo permettono. Carlo Ratti nel suo “Il nuovo paesaggio del lavoro”, sostiene che le città dovranno essere progettate in modo da far dialogare gli individui con la realtà che li circonda. Si comincia a parlare sempre più di Smart City.
Pascal Dibie, etnologo francese che ha studiato l’evoluzione del lavoro d’ufficio, considera lo smart working una “rivoluzione antropologica”. Nel suo libro “Ethnologie du bureau. Breve storia di un’umanità seduta”, ripercorre la storia degli uffici da Versailles fino al coworking dei giorni nostri. Egli sostiene che l’ufficio ha un’importanza sociale e psicologica. “La vita in ufficio è un microcosmo, uno spazio in cui facciamo società. Non essere più in grado di stare in questo universo, che ti permette di fuggire da te stesso, solleva questioni psicologiche molto serie”. Forse dopo tre secoli, l’homo sedens rischia l’estinzione.
Il distanziamento fisico produce distanziamento relazionale, lo si intuisce. E di questo non dovremmo mai dimenticarci. Il giusto incontro tra esigenze di coworking, uffici flessibili e smart working è molto importante, ci aiuta a evitare l’isolamento e a stimolare la condivisione, rimane sempre un punto fondamentale nell’equilibrio tra esigenze dell’azienda e quelle del singolo lavoratore, in una società in continua evoluzione e crescita.
Mai sottovalutare la soddisfazione e il benessere di ogni singola risorsa umana, perché è il segreto per il successo dell’azienda.
L’ultima tendenza che sta prendendo piede, forse l’ultima frontiera del lavoro d’ufficio, è rappresentata dalla presenza nel luogo di lavoro degli animali domestici. Sono sempre di più le amministrazioni che in Lombardia si aprono alla possibilità di portare i propri cani o gatti al lavoro.
Lavorare con il proprio “amico” al fianco ora è possibile anche in ufficio.
Ci sono studi scientifici e esperienze già consolidate che testimoniano il potere benefico della loro presenza, sia per i proprietari, sia per gli stessi animali, sia per l’intero ufficio.
La qualità del luogo di lavoro determina la qualità del lavoro svolto!
s f o g l i a l a g a l l e r i a
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ELENA OLDANI
immagini di repertorio
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