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Design

Eccoci!

24 ore all’alba: inizia il conto alla rovescia per la 61esima edizione del Salone del Mobile di Milano.

a cura della Redazione

Finalmente una parvenza di normalità, almeno per ciò che riguarda il Salone del Mobile che ritorna nella sua  classica collocazione primaverile: l’edizione estiva dello scorso anno aveva messo a dura prova la resistenza di chi proprio una preparazione da maratoneta non l’aveva per percorre su e giù, per migliaia di metri -e magari con mascherina, non obbligatoria ma consigliata- l’ampia galleria che da est a ovest distribuiva i padiglioni di Rho Fiera Milano, alle soglie di quella che poi si sarebbe rivelata per l’Europa come l’estate più calda degli ultimi 170 anni.
Si può aggiungere qualcosa di nuovo parlando di un evento che, nel tempo, si è connotato come un brand per la riconosciuta, italianissima indole di inventare, di abbandonarsi ai sogni e poi realizzarli con pragmatiche capacità
E allora, anziché puntare lo sguardo in avanti, in attesa degli esisti dell’edizione che inevitabilmente porrà in evidenza lo status quo delle aziende e delle tendenze del settore, volgiamo il capo indietro per arrivare, di decennio in decennio, al momento in cui tutto ebbe inizio, cioè a quella sorta di Big Bang che ha dato origine, per il Salone e per i fenomeni collaterali ad esso connessi, ad una espansione accelerata che dura tuttora.
E per fare questo prendiamo spunto dall’interessante talk di Chiara Alessi dal titolo “La vera storia immaginaria del Salone del Mobile” che, nella scorsa edizione, ha ripercorso la storia dell’evento legandola a ciò che è accaduto in Italia e nel mondo a partire dagli anni ’60.
Condivisibile la tesi da cui parte la Alessi, soprattutto se pensiamo che alcune civiltà sono a noi note solo attraverso la produzione dei loro manufatti: “tutta la storia dell’umanità è fortemente raccontata attraverso la produzione di mobili, e, in generale, di oggetti che in maniera, anche molto prepotente, sono stati messi sulla Terra. Questo è valido sempre, ma in special modo per il Novecento […] Abbiano popolato la nostra Terra di progetti, oggetti ed invenzioni”.

Gli anni ’60.

Il 24 settembre 1961 viene inaugurata, per volontà di un piccolo gruppo di mobilieri, la prima edizione del Salone del Mobile che occupa due Padiglioni della Fiera Campionaria di Milano.
Il nuovo evento nasce con un fine preciso: far diventare l’Italia il principale espositore ed esportatore del design nel mondo.

L’obiettivo viene raggiunto già in questo primo decennio.

Alla prima edizione partecipano 324 espositori e circa 12 mila visitatori che in realtà sono esclusivamente operatori del settore perché il salone non è previsto aperto al pubblico. Otto anni dopo i visitatori sono quasi quadruplicati e sono presenti 1500 stands aziendali: l’esportazione passa da 9 miliardi di lire del 1961 ai 65 miliardi del 1969.
È il decennio della conquista dello spazio, di un grande ottimismo e del boom economico italiano. Viene inaugurata la prima linea della metropolitana milanese (1964) e Giulio Natta, ingegnere chimico italiano, riceve il Nobel per la chimica (1963, con Karl Ziegler) per aver creato il polipropilene isotattico, noto come moplen.
La plastica invade il mondo innescando una rivoluzione –come la definisce Giulio Carlo Argan– che stravolge il rapporto tra peso e massa delle cose: oggetti tradizionali che, per le loro dimensioni, pesavano fino ad allora moltissimo, improvvisamente divengono leggerissimi.
In quel periodo accade una cosa straordinaria: finalmente i mobili (prima, a dispetto del nome, erano in realtà inamovibili) diventano spostabili e componibili, dando la possibilità a chi vuole arredare casa di costruire un mondo a propria immagine, una possibilità amplificata dalla crescente introduzione degli elettrodomestici nell’ambiente domestico.
Le aziende iniziano ad avvertire l’esigenza di illustrare e promuovere i loro prodotti non più solo negli spazi fieristici ma anche attraverso altri canali di comunicazione.

Nel dicembre del 1969 la strage di piazza Fontana, a Milano, segna l’avvio della cosiddetta “strategia della tensione” la cui influenza si fa sentire anche nel mondo del design: si richiedono mobili che in una certa misura siano in grado di rassicurare le persone. Si parla di sindrome borghese: i principali acquirenti del settore del mobile si sentono esposti ad una condizione di insicurezza e timore per il proprio status e, pertanto, si evoca il periodo “grigio”.
La collezione di “Mobili grigi” di Ettore Sottsass, disegnata nel 1970 per Poltronova, è diventata icona di quest’epoca e fa da ponte al decennio successivo.

Gli anni ’70.

Nel 1973 un ulteriore evento fa collassare l’ottimismo, già minato, degli anni precedenti: la crisi petrolifera.
Emergono i primi interrogativi circa il destino della plastica: il settore del mobile reagisce nuovamente con prodotti di forma e colori neutri e rassicuranti.
Nasce il “Design Primario” che focalizza l’attenzione verso gli elementi ambientali intangibili (colore, finiture, decori, microclima, esperienze sensoriali in genere) che costituiscono la vera esperienza dell’uomo nell’ambiente artificiale.
Il 1979 è un anno strategico per il design in seguito dell’accadere di due eventi tra loro contrapposti: muore Giò Ponti, artefice del modernismo milanese, e contemporaneamente si conia il termine di post-modernismo che al modernismo contrappone nuove forme e cromatismi.

Sono questi gli anni che vedono la consacrazione del Salone del Mobile come evento internazionale, alimentata dalla grandissima partecipazione di un pubblico (più di 100 mila visitatori) che non è più solo degli operatori del settore.

Gli anni ’80.

È un decennio caratterizzato da un moderato ritorno all’ottimismo. Nell’ 82 l’Italia vince il campionato mondiale di calcio, nel 1984 il Times elegge il computer come “uomo dell’anno” e nell’86 Gillo Dorfles scrive che “il design gode di ottima salute, la qualità un po’ meno”.
La semiotica inizia ad interessarsi al mondo degli oggetti ed è in questo decennio che si evidenzia quello che il sociologo Jean Baudrillard descriveva qualche anno prima ne “Il sistema degli oggetti”, cioè l’avvenuto cambiamento in termini di rapporto persona/oggetto per cui si parla di beni inessenziali, cioè non fruiti per la loro funzione d’uso ma per una funzione simbolico/comunicativa: l’immagine delle cose diventa più importante delle cose stesse, un meccanismo nel quale siamo tuttora calati.
Il tragico incidente nucleare di Chernobyl (1986) dà avvio alle riflessioni sull’emergenza ambientale e contrasta con il raggiungimento del punto di massimo splendore del Salone: l’esposizione milanese, raccontata da critici, giornalisti e studiosi come una sorta di esperienza turistica, supera per numeri quella di Colonia e diviene il primo esportatore del mondo nel settore del mobile.

E’ in questi anni che vede la luce il Fuorisalone con la prima mostra di Memphis (1981) in Via Manzoni e, da questo momento, anche realtà del design più vicine ad espressioni artigianali hanno la possibilità di interagire con il contesto culturale della città.
Nel 1989 nasce anche il Salone Satellite, inizialmente visto come una sorta di “fratellino minore” ma che ben presto si rivela essere fondamentale per i giovani designer, che in questo contesto hanno la possibilità di farsi notare dalle aziende: una manifestazione che vedrà transitare quasi tutti coloro che saranno le firme del design degli anni 2000 e seguenti.

 

Gli anni ’90.

È un decennio turbolento: crisi economiche, diffusione dell’AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita), disgregazione della Jugoslavia a seguito di una guerra cruenta, invasione del Kwait da parte dell’Iraq, inchiesta Mani pulite con conseguente fine della cosiddetta “Prima Repubblica”, disoccupazione ai massimi livelli.
Su altri fronti si registrano notevoli progressi nel mondo della tecnologia e i media mirano ad infondere l’ottimismo attraverso immagini pubblicitarie che mostrano un mondo più confortevole rispetto a quello in cui viviamo realmente.
Il Salone del Mobile, la cui organizzazione si sposta da settembre ad aprile, procede spedito sulla strada del successo intrapresa trent’anni prima. Si assiste al fenomeno della “globalizzazione del design”: le aziende italiane gettano lo sguardo oltre i confini nazionali alla ricerca di “creativi”.
Sono gli anni del consolidamento dei “brand” e del concetto stesso di “designer” che diviene una sorta di “professione di massa” per la nascita di scuole e facoltà universitarie dedicate: il Salone del mobile assumerà anche il ruolo di “porta d’accesso” per le nuove generazioni di professionisti.

Gli anni 2000.

L’inizio del decennio è scosso dagli attentati negli Stati Uniti dell’11 Settembre 2001 che hanno innescato una serie di momenti critici sia da un punto di vista politico che economico.
Il comparto del mobile italiano, tuttavia, resiste all’onda d’urto seguita ai tragici eventi perché ha potuto contare sulla qualità consolidatasi nel tempo: il “made in Italy” è diventato un vero e proprio brand ed il settore non partecipa, al contrario di altri comparti, al processo di delocalizzazione delle strutture produttive, mantenendo la sua vocazione improntata alla tutela di una artigianalità fatta di sapere e di ineguagliata manualità, di una cultura del progetto ereditata dal mondo dell’architettura e del design.
Nel 2001 si svolge il G8 di Genova; due anni prima era stato pubblicato il libro di Naomi Klein “No logo”, un manifesto per il superamento del mercato di massa sviluppatosi nel decennio precedente, un invito al rifiuto di quei marchi sotto i quali si commercializzavano prodotti uguali, senza identità nazionale, ad opera delle grandi multinazionali.

In che modo il mondo del design italiano risponde a questa istanza?

Con il “minimalismo”: sono gli anni del laminato bianco e del “ral 9090” (nero grafite), dei mobili in cui la sperimentazione linguistica, a fronte invece dell’avvento di nuove tecnologie produttive, è portata al minimo livello possibile, tanto da essere definiti gli “anni senza stile”.
Sarà proprio questa mancanza di stile a diventare una sorta di tela sulla quale i designer interverranno con personalizzazioni.

Per il Salone del Mobile sono anni di ulteriore conferma: la rivista britannica Wallpaper dedica un numero speciale a quelle che si ritengono essere le tre eccellenze italiane: Federico Fellini, la Torre di Pisa ed il Salone del Mobile di Milano.
Sono anche gli anni nei quali il Comune di Milano riconosce al Salone il “merito civico” conferendogli l’Ambrogino d’Oro.
Nel 2004 lo Studio Cerri disegna il nuovo logo del Salone con una grafica che prevede che il lettering sia una sorta di volo pindarico sui vari stand.

Negli anni 2000 assistiamo anche all’internalizzazione del Salone che diventa “I Saloni”: vedono così la luce il Salone di Shanghai, New York e Mosca che si connotano come i momenti più importanti di quella che potremmo definire la celebrazione del design, con Milano capitale di questo movimento.

Il decennio dopo il 2010.

Sono forse gli anni più difficili da identificare: la prossimità storica limita la capacità di vedere questo periodo con il medesimo filtro usato per le precedenti decenni perché, se finora era accaduto che il settore del mobile avesse sempre rispecchiato il contesto sociale-economico del tempo, a partire da questi anni si registra uno scollamento.
Da una parte si dibatte sul tema della “casa del futuro”, immaginando quale direzione possa intraprendere ciò che riguarda l’universo casa, mentre dall’altra persiste la millenaria immutabilità delle nostre abitazioni, con i medesimi ambienti consolidatisi nel tempo.  
La casa, intesa come involucro, risponde con grande inerzia ai processi ed ai progressi che la riguardano, di conseguenza anche il settore del mobile impiega tempo per recepire le innovazioni e i mutamenti che le persone hanno già raggiunto in maniera spontanea.
Nel 2017 il Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con Ministero della Cultura e del Turismo, con il Ministero degli Affari Esteri ed insieme al Triennale Design Museum, danno vita all’“Italian Design Day”: un riconoscimento all’esportazione non solo dei prodotti legati al Salone ma soprattutto all’esportazione del “pensiero del design italiano” nel mondo. In questa giornata la manifestazione prevede che designer, architetti, progettisti, ambasciatori del design, storici si rechino presso università, centri culturali, centri di ricerca delle principali città internazionali per parlare del design italiano.
E così arriviamo ad oggi, a quello che sarà il prossimo Salone che, imperterrito, continua nella sua missione originale attraverso una non comune capacità di comunicare con le persone.
Da parecchie settimane è iniziato il conto alla rovescia con richiami sempre più frequenti ai contenuti della 61esima edizione, ma la “Voce del salone” non si è mai spenta e, dal giugno 2021, la nuova piattaforma funge settimanalmente da punto d’incontro tra tutte le voci del settore chiamate a fare il punto sulle tematiche proposte: i brand, i loro prodotti, i partner e i migliori autori internazionali.

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