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Design,  Interviste

Restiamo in cucina?

Un incontro con il designer Michele Marcon per parlare di un ambiente che è stato, è, (rimarrà?)  sempre il fulcro della casa.

Miche Marcon portraitNello scorso novembre, nella suggestiva cornice milanese dell’ex chiesa del Cristo Re trasformata in hotel, abbiamo assistito ad un interessante convegno organizzato da Ambiente Cucina, Gruppo Tecniche Nuove, avente come tema “La Cucina Sostenibile”. 
Gli approfondimenti, svolti a cura di varie figure del settore (imprenditori, designers, istituzioni, associazioni e tecnici), sono stati preceduti dalla presentazione dei risultati di una ricerca condotta  dalla società GfK Italia nei primi 9 mesi del 2022 e avente come oggetto la propensione al consumo degli italiani rispetto alle tematiche al centro del convegno.

Le conclusioni della ricerca hanno fatto emergere alcuni dati: in generale la fiducia degli italiani è in forte calo,  i consumatori sono più preparati all’atto degli acquisti e molto attenti a sprechi e consumi, soprattutto quelli inerenti l’energia domestica, al primo posto nelle loro (nostre) preoccupazioni.
Per quanto riguarda i dati quantitativi, nei primi 9 mesi del 2022 il mercato degli arredamenti ha registrato un fatturato di 6,4 mld di euro (+12% rispetto l’anno precedente) di cui le cucine, da sole, hanno sviluppato quasi la metà del valore, con un incremento pari all’8%.
Nel campo degli elettrodomestici da cucina sono state registrate grandi performance per quelli in classe A, B e C (nuova etichetta introdotta dal Regolamento europeo 20177/1369): i sistemi ad incasso sono incrementati del 9% e del 25% i piani cottura ad induzione.

Ecco quindi che se quasi il 50% degli acquisti degli italiani nel settore arredo casa nel 2022 ha interessato l’ambiente cucina, risulta importante cercare di capire quali fenomeni sono in atto (al netto dell’impegno delle aziende nel campo della ecosostenibilità) e se gli stessi verranno archiviati come mode oppure si possano considerare come vere e proprie tendenze legate a nuove modalità dell’abitare e, come tali, destinate a durare a lungo se non addirittura a diventare permanenti.
Se da un lato i giornalisti di settore hanno ravvisato in Eurocucina 2022 una tendenza, da parte dei produttori, di vestire le loro collezioni “con la preziosa e rilassata immagine del living”, dall’altro, nell’ultimo editoriale di Raffaella Razzano (ex direttrice del magazine “Ambiente Cucina”) si legge “Da sistema mimetizzato all’interno di un ambiente living, la cucina si è trasformata in uno spazio da esibire attorno cui si muovono, come satelliti, elementi che ne accentuano il carattere conviviale…”.
Cerchiamo di fare il punto della situazione con il designer Michele Marcon che ha alle spalle una lunga esperienza nel campo della progettazione di cucine (ma non solo) sia in ambito di interior per clienti privati sia come product designer presso importanti aziende del settore.

Annamaria Cassani
Stefano Boeri, parlando recentemente dell’evoluzione degli spazi domestici, riconosce come tendenza, non nuova ma sempre più potente, quella del perpetuarsi dei rituali legati al cibo – dalla preparazione alla condivisione – per tutte le varie “geometrie” delle famiglie italiane.
Ti chiedo: che direzione ha intrapreso l’ambiente cucina secondo una tua analisi del settore?  Rappresenta ancora un ambito rassicurante quello che si definiva “il focolare domestico” oppure tende a nascondersi, o meglio, a mimetizzarsi, con il living?

Michele Marcon
Dalla mia pluridecennale esperienza nel settore posso affermare che, in generale, chi ha a disposizione spazi generosi e la possibilità di assumersi un altrettanto generoso impegno economico si orienta verso una cucina molto contenitiva e completamente separata dal soggiorno. Si parla in questo caso di cucine “professionali”, il cui disegno nasce da uno studio degli effettivi movimenti del cuoco ed in cui l’attenzione massima è concentrata su ergonomia e funzionalità: l’utilizzo di materiali tecnologicamente avanzati rende i componenti delle cucine professionali per uso domestico particolarmente adatti per creare ambienti a sé stanti, meno adatti ad un’estetica apprezzabile nella zona living,
Nelle case con ambienti più contenuti, invece, cucina/pranzo/soggiorno tendono a fondersi per ottimizzare lo spazio in modo coordinato e stilisticamente coerente. Anche per il living si utilizzano, pertanto, mobili appartenenti alle medesime collezioni delle cucine con il risultato di creare ambienti più armoniosi senza che vengano penalizzati aspetti importanti quali attrezzabilità e funzionalità.
È quest’ultima la tendenza per le abitazioni di “primo impianto”, per le quali generalmente i proprietari non vogliono investire né in termini di abbondanza di spazio né in quelli di impegno economico essendo, di fatto case di transito.

A.C.
Come ti spieghi la tendenza ad occultare alla vista gli elettrodomestici?  Si tratta di una moda, ovviamente supportata dalle nuove tecnologie, oppure di una vera e propria tendenza per cui dovremo dire addio per sempre alle cappe a vista e ai frigoriferi free standing su cui “attaccare bigliettini e calamite”?

M.M.
L’evoluzione nel comparto degli elettrodomestici da incasso ha permesso di risolvere gran parte delle esigenze cui il free standing non poteva assolvere; anzi, per sua stessa natura la modalità di posizionamento libero degli elettrodomestici da cucina appariva come un elemento destrutturante per l’ambiente, con conseguente perdita di equilibrio compositivo che risulta invece fondamentale per un’armoniosa percezione dello spazio.
Negli ultimi cinque anni sono nati frigoriferi da incasso e forni  da 75 cm di larghezza, prima impensabili: a parità di capacità contenitiva, di risparmio energetico, nonché di prestazioni, questi nuovi elettrodomestici indubbiamente conferiscono alla cucina una migliore resa estetica.

A.C.
In stretto collegamento con la domanda precedente: Piero Lissoni, art director di Boffi, parla dell’importanza del ritrovarsi attorno al focolare domestico (rito primordiale) e contemporaneamente la sua ricerca lo ha portato a presentare ad Eurocucina 2022 un progetto innovativo che modifica anche l’estetica del piano cottura, “una superficie di lavoro, perfettamente liscia sulla quale cuocere o lavorare senza differenziare le zone e senza “scalini”, perché il sistema a induzione è inserito al di sotto di un unico grande piano di ceramica” . Non c’è un aspetto un po’ contraddittorio in tutto questo? Il focolare domestico come fulcro familiare ma si cerca di nascondere completamente alla vista i fuochi (a qualsiasi tecnologia essi appartengano)?

M.M.
Penso che i piani cottura ad induzione collocati sotto il top siano più che altro soluzioni scenografiche adatte alle presentazioni negli showroom.
Mi spiego: se lo scopo dell’utilizzo del sistema di cottura ad induzione è anche il risparmio energetico che ne deriva (circa 30% rispetto ai sistemi tradizionali) per ottimizzare questo plus è meglio optare per una installazione a vista a “filo top” perché viceversa, cioè collocato “sotto top”, avrei una dispersione superiore di almeno il 10%.
L’incremento nell’ultimo decennio dei processi di produzione autonoma dell’energia elettrica, attraverso gli impianti fotovoltaici, ha indubbiamente favorito l’utilizzo della tecnologia ad induzione, certo, a discapito dell’immagine del focolare domestico.
Ma proviamo a riflettere: se allo spazio occupato dal piano cottura aggiungiamo una serie di accessori (porta coltelli, porta mestoli, comparti per tazzine, barre e cassetti attrezzati di ogni utensile, ecc.) ci troviamo alla fine di fronte ad una sorta di agorà o, meglio, ad una consolle dove le persone si possono comunque riunire per provvedere o assistere al rito della trasformazione del cibo, per raccontare, per condividere anche in assenza dell’immagine di quel fuoco che l’iconografia classica, e i nostri ricordi, ci hanno trasmesso.

Negli ultimi anni ho disegnato molte cucine e molti bagni sperimentando proprio la grande valenza che questi due ambienti hanno all’interno di un’abitazione.

In entrambi si svolgono azioni per la cura del corpo, con la differenza che mentre per il bagno si è accentuato sempre più nel tempo il carattere intimo e privato, la cucina, a mio avviso, si riconferma come lo spazio conviviale per eccellenza, soprattutto quando la superficie ad essa dedicata può accogliere la funzione del consumo dei pasti

A.C.
Michele, parliamo a questo punto della zona pranzo?

M.M.
Un altro orientamento che ho notato negli ultimi anni è quello che porta alla richiesta di tavoli e sedie “comodi” in termini dimensionali ed ergonomici, ricercati anche da chi dispone di spazi più modesti: il tavolo tende a non essere più considerato come una semplice ed inevitabile  base di appoggio con superfici ridotte al minimo, ma diventa un piano su cui mettere ontemporaneamente più portate e un elemento attorno al quale restare comodamente seduti nella convivialità che non  si esprime più  unicamente  sui divani e le poltrone del salotto.
Ad esempio, in un mio recente progetto ho inserito un tavolo importante, di forma circolare, con un diametro di due metri, per il quale il Committente ha chiesto il “lazy susan” cioè il piatto centrale girevole che non appartiene alla nostra tradizione, ma risponde perfettamente all’esigenza di disporre sulla tavola più portate e permette di poter cosi restare seduti più a lungo, restituendo una nuova funzionalità al tavolo stesso.
Se pensiamo alle dimensioni proposte nel recente passato, lo standard per sei posti a sedere prevedeva un piano di 180 cm. di lunghezza per 85/90 cm. di larghezza: oggi per lo stesso numero di posti si propongono tavoli da 200/210 cm., come minimo, per la lunghezza e per un metro di larghezza, in modo da avere una maggiore superficie di appoggio nella zona centrale del tavolo.

A.C.
Quali sono, a tuo avviso, i fenomeni della nostra società che, nell’ultimo decennio, hanno maggiormente influenzato l’evoluzione dell’ambiente cucina?

M.M.
Credo che sia aumentata l’abitudine di passare più tempo a casa. Ho due figli quasi maggiorenni e ho notato che la tendenza è quella di ritrovarsi più spesso dagli amici, a differenza di quanto accadeva anni fa per la mia generazione. Per chi ama il cinema o lo sport, poi, l’avvento delle piattaforme per i servizi di streaming in abbonamento, a fronte di costi aumentati delle offerte esterne (sale cinematografiche, locali di ristoro, ecc.), offre l’occasione per piacevoli serate casalinghe. Questi fenomeni erano già presenti nella nostra società: la pandemia ha solo funzionato da acceleratore.

Poiché è indubbio che “la convivialità passa sempre dal cibo”

anche l’ambiente cucina, e non solo il salotto, è coinvolto da questo cambio di abitudini, che sia una cena o un aperitivo o un semplice stuzzichino da consumare davanti la TV.

A.C.
Qual è la tua posizione rispetto all’utilizzo della domotica più spinta nell’ambito domestico? Non si rischia di perdere alcuni gesti ancestrali che appartengono alla categoria dell’amorevole accudimento familiare? Mi spiego: perché affidare ad una macchina la segnalazione dei prodotti in scadenza nel frigorifero?

M.M.
Più di cinque anni fa in Snaidero abbiamo affrontato l’argomento della domotica nell’ambiente cucina: l’azienda riteneva importantissimo far sì che la ricerca di un “Italian style”, noto in tutto il mondo, dovesse andare di pari passo con l’innovazione tecnologica.
Lo studio, affidato ad una società leader nella innovation-technology, aveva portato alla presentazione negli showroom di un prodotto sofisticato e perfettamente funzionale solo per apparecchi che appartenessero al medesimo produttore: capirete che proporre al consumatore l’acquisto di elettrodomestici monomarca, condizione necessaria per farli dialogare in maniera univoca, rappresentava un forte limite.
Questo fattore fondamentale associato ad elevati costi di realizzazione e, non ultimo, il problema, allora irrisolto, di chi dovesse essere a carico l’assistenza in caso di malfunzionamento, fece sì che il programma venisse accantonato.
Di fatto un certo tipo di domotica è già presente nell’ambiente cucina: attraverso alcune applicazioni è possibile controllare da remoto il funzionamento dei cosiddetti elettrodomestici intelligenti.
Tuttavia penso che, ancora oggi, siamo lontani dall’utilizzo della domotica più spinta in cucina: io non ho richieste in tal senso né dalle aziende e neppure da clienti privati.
Ritengo, invece, che lo sviluppo della ricerca in questo settore possa essere di valido supporto per coloro che, portatori di disabilità, hanno la necessità di avere un’abitazione accessibile, sicura e intelligente, con dispositivi atti ad aumentare l’autonomia nella gestione delle normali attività quotidiane.

A.C.
Ci parli della tua esperienza con Snaidero, e con le altre aziende, come progettista di cucine di serie?

M.M.
Collaboro con Snaidero da circa dieci anni. L’azienda ha una produzione impostata su tre fasce distinte: la “level one” dai costi più contenuti, che si rivolge ad un mercato “giovane”; il “sistema”, che rappresenta la “pancia” di tutta la produzione ed una terza fascia che comprende le collezioni più iconiche per il mercato internazionale.
Il mio lavoro è concentrato sulla fascia di mezzo per la quale ho disegnato sei collezioni (Look, Joy, Way Materia, Opera, Hera, Loft) ciascuna con specifiche qualità ma interscambiabili nelle componenti e nelle finiture: un plus non da poco se si pensa a quante combinazioni diverse si possono realizzare.
Oltre che con Snaidero collaboro con altre aziende del medesimo settore ma con caratteristiche nettamente differenti.
Dibiesse è un’azienda trevigiana che mi piace definire “di nicchia”, a metà tra un artigianato evoluto ed una piccola realtà industriale, in grado di fornire un prodotto di qualità che si colloca in posizione medio-alta con un’ampia “trasversalità” di modelli.
L’ultima collezione di Dibiesse che ha riscosso un notevole successo, soprattutto nei negozi di fascia alta, si chiama “Filo”: è una cucina completamente in alluminio con antina da 10 mm: è un prodotto solidissimo, di pregio ed innovativo, adatto a coloro che amano la cucina tecnica. Questo tipo di prodotto -parlo da un punto di vista di marketing aziendale- ha consentito a Dibiesse di proporsi con tutte le sue collezioni negli showroom dei rivenditori di fascia alta.
Botega, [ BOTEGA by FM Bottega d’Arte srl di San Zenone degli Ezzelini, Treviso – n.d.r.] è un’azienda veneta che fino a due anni fa realizzava esclusivamente i classici prodotti di lusso per il mercato estero, quelli, per intenderci, dal design “muscoloso”. Negli ultimi tempi, invece, l’azienda si è concentrata su un tipo di prodotto in cui la cura del dettaglio conferisce alle collezioni un carattere di unicità tale (ottenuta sia in termini di lavorazione che di investimenti in macchinari per le particolari lavorazioni) da renderla inimitabile. Per questa azienda ho realizzato le collezioni “Cèline” e “Chloè” e anche un programma per l’ambiente soggiorno.
Più recente è la mia collaborazione con un’azienda di fascia alta, ma non voglio ancora anticipare nulla !

A.C.
A seguito di quanto hai detto poco fa, Michele, ci spieghi come si riesce a disegnare collezioni per diverse aziende appartenenti al medesimo settore senza cadere nella trappola di un’imitazione magari di quanto già proposto?

M.M.
La cosa più importante è comprendere il DNA dell’azienda: non è semplice, richiede tempo e lo si può fare solo frequentando la fabbrica, lavorando a contatto con gli uffici tecnici e commerciali e con le stesse maestranze, analizzando i feed back dei clienti e degli showroom.
Si deve analizzare cosa viene chiesto al produttore e cosa esso può offrire; in poche parole: si deve ascoltare il “respiro” dell’azienda.

Solo dopo questo lavoro per il designer è possibile fare progetti che, nel rispetto delle varie filosofie aziendali, non si sovrappongano e non si imitino.

Io vado sempre alla ricerca del “particolare” che possa valorizzare le peculiarità del singolo produttore e di quegli elementi che, combinati con il resto della cucina, garantiscano un senso di originalità; possono comprendere elementi di finitura oppure forme particolari o, ancora, un’originale ricerca nella composizione della cucina stessa, secondo il mio stile ed il mio gusto, senza dimenticare di essere un industrial designer e che, pertanto, non mi posso abbandonare a velleità artistiche: devo aver  ben presente la commerciabilità del prodotto.

A.C.
Come ti approcci, invece, nel caso della progettazione di cucine per clienti privati?

M.M.
Il mio approccio cambia a seconda che il cliente sia educato o meno ad un certo tipo di cultura dell’abitare ed abbia o meno una visione sul mondo del design.
La mia esperienza mi porta, pertanto, a esporre progetti più cauti e rassicuranti, concepiti con materiali tradizionali, piuttosto che proposte più tecnologiche non solo nell’essenza ma anche nell’aspetto esteriore.

In entrambi i casi, però, posso dire che sempre è dalla cucina che si dà inizio all’opera!


s f o g l i a l a g a l l e r i a 

interview by
ANNAMARIA CASSANI

guest
MICHELE MARCON

Via Forestuzzo, 50
31011 Asolo (TV)
📩design@michelemarcon.it
📞+39 0423 969574

guest companies
SNAIDERO
DIBIESSE
FM BOTTEGA D’ARTE

images courtesy
MICHELE MARCON


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