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Design,  Interni,  Residenziale

Materia e memoria

a cura di Emanuela Terrile

Come far convivere i ricordi familiari con i nuovi stili di vita? Lo racconta l’architetto Emanuela Terrile che ha curato la ristrutturazione di un appartamento milanese degli anni ’50.

Sempre più spesso al progetto di interni si chiede di emozionare attraverso soluzioni che stupiscano, più raro è che al progettista si chieda di tener conto delle emozioni e dei ricordi che legano il committente all’immobile sul quale è chiamato ad intervenire.

Questo progetto di ristrutturazione di un appartamento anni ’50, progettato dal nonno della proprietaria e sempre appartenuto alla sua famiglia, si è sviluppato proprio attorno al tema della memoria.

In occasione del primo sopralluogo è risultato evidente quanto tempo la committente vi  avesse passato da piccola e non solo: mi ha mostrato il parquet rovinato e ha ricordato l’occasione in cui quei segni erano stati fatti, mi ha parlato dei giochi, del padre – professore universitario- seduto alla scrivania, del profumo dei libri, dell’amore per la cultura, per l’arte, per il design.

È stato subito chiaro che tutte queste emozioni e questi ricordi avrebbero fatto parte del progetto.

L’atmosfera della casa, così come mi era stata raccontata e così come la potevo intuire, nonostante lo stato in cui si trovava, era il risultato dell’esprit dei suoi abitanti e si esprimeva attraverso pareti scure, soffitti colorati, tappezzerie, opere d’arte di grande formato, fotografie, arredi e lampade che avevano fatto la storia del design.

I ricordi che l’appartamento custodiva hanno determinato alcune delle richieste principali: non intervenire in modo importante sulla distribuzione, per potercisi in qualche modo “ritrovare”, mantenerne la filosofia, conservare il parquet come testimonianza della storia personale e familiare, con lo scopo di aggiungere alla storia della casa una pagina contemporanea, senza riscriverla totalmente.

Per adattare l’appartamento alle esigenze della committenza era necessario creare un unico ambiente per accogliere le funzioni di lavoro, pranzo e soggiorno il più arioso possibile, valorizzato dalla presenza delle portefinestre esistenti.

Gli interventi proposti sono stati dunque minimi, praticamente non ci sono variazioni nell’uso funzionale dello spazio e, sfidando le difficoltà tecniche, si è deciso di mantenere la memoria della destinazione precedente attraverso la leggibilità dei pavimenti: in quella che è diventata la zona giorno convivevano i parquet con diversi schemi di posa delle stanze precedenti e la superficie -da reinventare- di quello che era il corridoio in marmette in graniglia, da rivestire sempre con legno per esplicita richiesta della committenza.

Impossibile aggiungere un parquet in tavole e difficilmente praticabile il continuare con gli stessi disegni, sia per il perimetro irregolare della superficie, sia perché l’idea di accostarsi all’antico con  un finto antico mi ha sempre fatto orrore:

il progettista ha il dovere di esprimersi con un linguaggio contemporaneo.

Mi è venuta in soccorso la linea Slide, pensata da Daniele Lago per Listone Giordano:

il progetto è stato realizzato nel 2016, tempi in cui si iniziava a recuperare la vocazione decorativa del pavimento interpretando il listello come un oggetto di design.

Lo schema di posa che ho scelto offre la possibilità di avere un punto generatore a forma di stella, che è stato posizionato appena dopo l’ingresso.

Questo punto è quello da cui, varcata la soglia, si abbraccia con lo sguardo tutta la zona giorno: questa visione può avere un effetto “madeleine” e il decoro del pavimento esprime il modo in cui i pensieri si inseguono fino a ritrovare i ricordi.

Lo schema di posa dà, infatti, l’impressione che questo disegno in legno si possa espandere  all’infinito verso il resto della superficie, relazionandosi in modo diverso con le superfici preesistenti che incontra: si interrompe in modo netto incontrando l’ostacolo delle piastrelle, in modo più sfumato in adiacenza del parquet preesistente, allo stesso modo in cui la memoria corre, inciampa, ritrova o, talvolta, viene cancellata.

Le difficoltà tecniche sono state importanti: accenno soltanto al fatto che, una volta abbattute le pareti, si sono riscontrate quote di pavimento diverse per ciascun locale e si è evidenziata l’originaria posa del parquet ottenuta spalmando i listelli con bitume e fissandoli con inserti in metallo, una tecnica piuttosto comune negli anni ’50.  Da qui, per il parquet esistente, la necessità di consolidamento, di uniformare gli spessori e di trovare – dopo le operazioni di necessaria lamatura – la vernice di finitura, in nuance con il nuovo pavimento prefinito.

Grazie al savoir faire delle maestranze e di artigiani con un elevato livello di professionalità ed esperienza questi ostacoli sono stati superati ed il lavoro è stato realizzato con grande soddisfazione della committenza.

Pareti trattate con tonalità scure, soffitti colorati, tappezzerie con grafiche importanti: sono elementi che spesso spaventano i committenti, che talvolta hanno paura di osare perché temono di pentirsi di scelte apparentemente azzardate e si orientano, pertanto, sul bianco e sui colori neutri e chiari.

In questo caso invece un’estetica cromaticamente e graficamente “più spinta” risultava già familiare e rassicurante ed è stata riproposta in una versione più attuale, attraverso una palette cromatica composta da beige, blu e grigi.

Sono questi i colori che appaiono nella carta da parati a motivi floreali, selezionata per fare da contraltare alla vegetazione del terrazzo: è stata usata per sottolineare il passaggio tra il dentro/fuori dell’ingresso, tra il pubblico/privato della zona notte e tra le funzioni di rappresentanza/servizio della zona cucina, in tre piccoli disimpegni che si affacciano sul soggiorno e rappresentano tre snodi tra un ambiente estremamente luminoso e di grandi dimensioni e altri più raccolti. 

La gamma ristretta di colori garantisce continuità e armonia tra gli ambienti, ed è stata impiegata sia per le finiture a parete sia per quelle a pavimento: il grigio antracite che fa da sfondo alle piante della tappezzeria è il medesimo grigio della parete nord del soggiorno – ad evidenziare il bianco della libreria, i libri e gli oggetti d’affezione che contiene- e del rivestimento del bagno e della cucina; il polvere delle foglie della carta da parati corrisponde al colore delle pareti laterali del soggiorno; il blu è il colore dei tessuti e delle pareti della camera da letto; il beige è il colore delle piastrelle del bagno in camera.

Gran parte degli arredi, restaurati là dove si è reso necessario, hanno trovato una nuova vita all’interno dell’appartamento, così come la straordinaria collezione di lampade di classici di Flos e Artemide (Arco, Taccia, Parentesi, Toio, Lesbo, Alfa) alla quale sono stati affiancati nuovi pezzi tra i quali Talo, Tolomeo e Ray S .

Allo stesso modo sono state selezionate le opere d’arte e le fotografie, alle quali sono state affiancate nuove acquisizioni, come le fotografie di Maria Svarbova.

Il risultato è uno spazio in cui la storia personale, la storia del design e la storia dell’immobile si intrecciano alla vita contemporanea.

Ciò è stato possibile grazie a due tipi di circostanze: da una parte le precise (non banali) richieste della  committenza e la sua disponibilità ad osare, accolte da una professionista che affianca alle competenze  tecniche una sensibilità artistica, dall’altra, l’affidarsi con fiducia alla professionalità di maestranze artigiane dalle cui mani possono scaturire opere straordinarie.


s f o g l i a l a g a l l e r i a

progetto
 
EMANUELA TERRILE
architetto
Va Agordat, 9  20127 Milano
📞 +39 02 2615740
📩 info@emanuelaterrilearchitetto.com

immagini
ADRIANO PECCHIO


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