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Outdoor,  Paesaggistica

Il canto delle Sirene

a cura di Alessandra Corradini

Un parco nazionale mitologico

Qui il mare è più blu e le spiagge più spiagge. Potrei già concludere il discorso, ma come si fa a fingere che non cilogo pncvda R copy sia una storia millenaria e un territorio incantevole? Eh, già, perché il Cilento è un incanto e un incantesimo.

Come quello dell’isola delle Sirene il cui canto faceva perdere la bussola ai marinai che si schiantavano sugli scogli, proprio da queste parti.

Non so se siano peggio le sirene incantatrici o il caldo che fa, per cui direi che potremmo fare un giro nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, chissà che nelle zone più alte, intorno ai 1900 metri, si possa respirare almeno un po’.

La natura è aspra, la bellezza è tale che queste zone sono diventate patrimonio UNESCO e con questo possiamo dire che, fatti quattro conti, tutta la provincia di Salerno sembra parte di un disegno divino.
Partiamo dalla zona nord del Parco, dai monumentali monti Alburni che, con la loro severa bellezza quasi dolomitica, mettono la giusta dosa di soggezione. Al centro del Parco, Roscigno Vecchio (e dire “vecchio” da queste parti significa “antico di millenni”) ha una storia intensa, infatti è detto paese-museo, perché lo è a tutti gli effetti.
Gli abitanti sono lentamente fuggiti dall’instabilità del territorio, dalle frane e dalle
alluvioni, ma quel che resta è un luogo architettonicamente intatto, cristallizzato nella sua commovente bellezza.

A parlare del Parco Nazionale del Cilento si vince facile, perché

ovunque ti giri, c’è la storia, il lavoro dell’uomo che ha in parte forgiato il territorio, l’arte e il mito.

A Magliano c’è la spiritualità: due cappelle rupestri (la cappella di San Mauro e la Cappella di Santa Lucia) costruite per rispondere alla necessità medievale di luoghi adatti al ritiro e alla preghiera.

Potrei sorvolare sul fatto che non lontano c’è Paestum, visto che è fuori dal Parco, ma sono confusa e credo che il mio problema sia la Sindrome di Stendhal. Ho quel poco di lucidità per dirvi che i resti della città antica e il Tempio di Nettuno sono lì a spiegare, senza bisogno di parole, la Magna Grecia.

Affacciata sulla costa c’è Santa Maria di Castellabate con l’ottocentesca Villa Matarazzo, il salotto culturale estivo, fiorito dalle geometrie del suo roseto.

Ecco, a parlare di fiori mi vengono in mente le Euforbie, le Orchidee, il Giglio montano, il Villucchio (il bellissimo Convolvulus arvensis) e tutte quelle fioriture che, come se non bastasse la meraviglia di cui ho scritto fino ad ora, colorano le spiagge e le alture.

Come potrebbe, in tutto questo, mancare un sentiero degli innamorati? C’è, infatti, è ad Ascea, alla scogliera di Punta del Telegrafo, secondo me questo panorama ha fatto innamorare tra loro anche le rocce intorno.

Più in giù c’è Pisciotta, un piccolo comune le cui origini non posso raccontare per intero, così come non posso farlo per tutti gli altri luoghi di cui parlo.

Come descrivere in pochissime righe la storia millenaria?

E poi nemmeno lo vorrei, perché si rischia di tralasciare molto di quello che sarebbe obbligatorio dire, per cui mi limito a suggerirvi le tappe di questo giro nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.

Stavo scrivendo di Pisciotta che, tanto per dire troppo poco, pare sia nata dopo la distruzione di Troia e che l’origine greca del suo nome sia legata al Buxus sempervirens, il nostro amatissimo Bosso nazionale, simbolo di forza e perennità, presente anche nello stemma comunale.

Non lontano da Pisciotta, a San Severino di Centola, ancora una volta ci confrontiamo con un borgo abbandonato. Dalla strategica costruzione di un castello medievale all’abbandono lento da parte degli abitanti, intorno alla metà degli anni Cinquanta, spinti dalla necessità di vivere in luoghi meno arroccati e più semplici da raggiungere.

Queste zone severe e dense in ogni senso, mi riportano al ricordo di gite in musei un po’ sperduti, semivuoti e ricchissimi, di continue indicazioni archeologiche della Soprintendenza con il suo lavoro di cesello e di Ulivi sotto cui cercare un attimo di ombra

Ovunque si percepisce il gioco di forza tra lo splendore strafottente della natura e la fatica dell’uomo ad adattarsi:

questo è un territorio brullo, aspro, roccioso, senza sconti e rimane tale anche a ridosso della costa.
Il nostro viaggio si sposta sempre più a sud dove, dal Monte Bulgheria, sopra Marina di Camerota, è facile avvistare il nocchiero di Enea. È l’epico Palinuro che, prima della sua fine tragica, ci conduce alla spiaggia che porta il suo stesso nome e che è più volte stata, e potrà ancora essere, un set cinematografico.

Questi sono anche luoghi di vacanza rinomati e, quindi, la morbidezza e l’adattabilità della sabbia sembrano finalmente lasciare il passo a noi che non vediamo l’ora di camminare in riva al mare.

Io mi sento in obbligo di dirvi che, però, non dobbiamo abbassare la guardia, perché queste sensuali sculture di roccia sono sicuramente state scolpite dagli dei, per cui, per nostra fortuna, basta guardarle per diventare parte dell’incantesimo.


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immagini
Parco Nazione del Cilento – Vallo di Diano –  Alburni – Unsplash


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