Gumdesign(parte seconda):La casa di pietra
Da mostra temporanea a mostra itinerante e, infine, a impresa saldamente ancorata al territorio nazionale: Laura Fiaschi e Gabriele Pardi ci parlano del progetto “La casa di pietra” che a settembre ha compiuto 7 anni.
Uno spin-off dall’intervista principale (GUMDESIGN parte prima: i “solidi” racconti) per raccontare un progetto che, nato nel 2014 come evento culturale temporaneo, si è trasformato, in modo del tutto imprevisto, in un’occasione creativa sempre più estesa in cui design e artigianato si fondono nella realizzazione di collezioni di piccoli oggetti per la casa. Protagonista è la pietra, sapientemente lavorata dai maestri artigiani, che si accoppia di volta in volta con materiali diversi (vetro, metallo, pelle, legno…) e altrettanto sapientemente lavorati dalle mani esperte di artigiani che rappresentano un prezioso, se non unico, patrimonio della tradizione italiana.
Laura Fiaschi:
“La casa di pietra” è nata come una mostra in occasione dell’edizione 2014 di MARMOMACC, a Verona, uno dei più importanti eventi fieristici a livello internazionale nel settore dei materiali lapidei. La tradizione consolidatasi negli anni voleva che per la sezione “Design” della Mostra i progettisti invitati presentassero delle opere voluminose. Preciso che io sono di Carrara e che ho ben presente le trasformazioni che subiscono le montagne sottoposte al continuo prelievo di materiale!
Ed è per questo che ci siamo posti la domanda: “C’è un altro modo di lavorare che non sia quello di utilizzare blocchi di grandi dimensioni? È possibile presentare la grande varietà di pietre esistenti, ognuna portatrice di una storia lontana nel tempo e strettamente legata a quella dell’essere umano?
Abbiamo quindi scelto per questa specifica occasione di far realizzare ad artigiani, su nostro progetto, dei piccoli oggetti per la casa, raggruppati in 10 collezioni. Ciascuna di esse è caratterizzata da una pietra diversa accoppiata con un, ed uno soltanto, altro materiale.
Siamo sostanzialmente partiti da questo tipo di concept o, se vogliamo, di racconto: portare via il meno possibile alla montagna con la realizzazione di piccoli oggetti che si possono tenere in mano e scoprire in ogni loro caratteristica (ogni venatura racconta una storia) e contemporaneamente cercare di far conoscere tutte le diverse lavorazioni e i materiali.
La realizzazione di tali manufatti (oggetti) vede tre protagonisti, oltre naturalmente ai materiali: i progettisti e i due artigiani che lavorano rispettivamente la pietra e il secondo materiale che si lega ad essa.
Uno dei primi positivi effetti collaterali di questo progetto è stato quello di creare una rete di relazioni tra coloro che vi partecipavano concretamente, rete che nel corso degli anni si è estesa col risultato che, a tutt’oggi, abbiamo maestri artigiani distribuiti in tutta Italia, dal Trentino alla Sicilia, che non solo lavorano per “La casa di pietra” ma che collaborano tra loro anche per altre produzioni indipendenti.
Gabriele Pardi:
“La casa di pietra” è nata come un esperimento.
Eravamo andati a Verona con una decina di artigiani con cui già lavoravamo e con i quali abbiamo costruito un progetto che volevamo legato al tema della casa, della pietra e della contaminazione tra materiali.
Da questa intensa collaborazione sono emerse dieci collezioni di oggetti che sono stati esposte in occasione della fiera e premiate: sinceramente pensavamo che la cosa fosse finita lì.
Non c’era nei nostri pensieri alcuna intenzione di tipo imprenditoriale (in quel periodo lavoravamo soprattutto con le aziende con un classico rapporto che, a guardare indietro, ci appare oggi piuttosto “asettico”): avevamo messo in mostra degli oggetti che, al di là della forma e della funzione, portavano con sé contenuti e “storie” che fissavano delle tappe evolutive dell’uomo.
Questo era il messaggio che volevamo trasmettere.
In maniera del tutto spontanea, poi, il progetto de “La casa di pietra” si è evoluto: abbiamo ricevuto da più parti richieste per esporre le nostre collezioni – che man mano arricchivamo – in occasione di importanti eventi culturali su tutto il territorio nazionale: curatori, critici, galleristi si erano accorti del nostro lavoro.
Il punto di svolta è arrivato in occasione della mostra presso il CAMeC – Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia che ci dedicò tutto il piano terra della loro sede per un periodo di tre mesi, tra l’ottobre del 2017 e il successivo gennaio.
Per questo evento avevamo raddoppiato il numero delle collezioni con il coinvolgimento di ulteriori collaboratori con il risultato che si sono avvicinati alcuni privati chiedendoci di poter acquistare gli oggetti esposti, gli stylist che si occupavano dell’allestimento di stand – figure professionali che fino ad allora non avevamo mai incrociato -e anche aziende storiche come Cassina che acquisì delle collezioni per il suo catalogo.
Oggi contiamo oltre ottanta collezioni, raccolte in un catalogo, che comprendono circa trecento oggetti disegnati da noi e realizzati dai maestri artigiani; sono state coinvolte anche molte aziende e ciascun soggetto partecipante può gestire la vendita delle collezioni autonomamente.
Questo circolo virtuoso sta funzionando molto bene e per noi è diventato una sorta di “palestra progettuale” multidisciplinare dove convivono vari aspetti del lavoro umano, da quello culturale a quello commerciale e, fondamentale, quello della “conoscenza” dei materiali con cui si opera.
È proprio quest’ultimo aspetto che ci consente di acquisire una serie di competenze e di “sensibilità” sui materiali, che ri-versiamo direttamente ne “La casa di pietra” ma che trasferiamo anche nei lavori per le aziende nostre clienti.
È sempre stato molto difficile dare una definizione di questo progetto che ci coinvolge da sette anni: di che cosa si trattava di fatto? Autoproduzione? La definizione non calzava: non realizzavamo gli oggetti con le nostre mani!
L’illuminazione ad un certo punto è arrivata da Domitilla Dardi (cofondatrice insieme a Emilia Petruccelli della fiera EDIT dedicata al design editoriale che si tiene a Napoli, n.d.r) che ci invitò ad esporre “La casa di pietra” nel 2019, in occasione della prima edizione dell’evento culturale da lei curato: rappresentavamo per lei un esempio importante in campo editoriale.
Non avevamo mai pensato a noi come a degli “editori” ma riflettendoci bene forse quella definizione è quella che poteva meglio calzare: editori sicuramente di noi stessi perché, alla fine, “La casa di pietra” è un contenitore completamente gestito da noi, dalla fase progettuale a quella del coinvolgimento degli artigiani e a quella della ricerca delle “contaminazioni” dei materiali.
Ci piace pensare a noi anche come “generatori di sposalizi” perché allo stato attuale il progetto vede la partecipazione di 47 artigiani che, a coppie, collaborano alle singole collezioni.
Laura Fiaschi:
A proposito di quello che abbiamo creato con “La casa di pietra” voglio, in conclusione, citare la città di Ersilia, la cui descrizione è contenuta nel libro di Italo Calvino “Le città invisibili”: in questa città ogni volta che nasceva una relazione tra abitanti si tendeva un filo fra gli spigoli delle case interessate.
Questi fili rimanevano a testimonianza del legame anche quando gli stessi abitanti erano costretti a lasciare la città perché impossibilitati nel circolare; le case venivano smontate, ma i fili e i loro sostegni rimanevano.
Ecco, mi piacerebbe trasmettere questa immagine de “La casa di pietra”: un sistema fitto di interconnessioni, di relazioni, certamente invisibili a differenza del racconto, ma, insieme alla costante attività di ricerca, quanto mai importanti.
s f o g l i a l a g a l l e r i a
a cura di
Annamaria Cassani
in collaborazione con
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55049 Viareggio, Italia
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La Casa di Pietra
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