Se il vicino di casa è il Palladio…
A Bassano del Grappa una nuova architettura residenziale dialoga con una villa cinquecentesca progettata dal grande maestro.
Non esiste un progetto facile: che sia un’architettura o un oggetto di design, un certo grado di complessità è costantemente presente. Ecco quindi che per il professionista entra in scena il “fattore M”: possiamo immaginarlo come un compagno fedele, un tracciato che abbiamo percorso e che già conosciamo, che aiuta a distinguere e indirizzare, sempre presente, generoso nell’accompagnare i progettisti sui sentieri di una coerente fattibilità.
E’ il Metodo.
Ma… quando il luogo previsto per la realizzazione di un’architettura residenziale privata si trova proprio di fronte a Villa Angarano, inserita dall’UNESCO nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità dal 1996, ecco che anche la prassi più collaudata può incrinarsi e manifestare dubbi e paure.
Come deve, o può, l’erigendo edificio rapportarsi ad una illustre presenza che fa parte di quel patrimonio culturale tanto radicato nella Regione da far dire al critico d’arte Giuseppe Mazzotti, profondo conoscitore del territorio, “Le ville venete non sono ambiente nel paesaggio, ma sono parte di esso, quasi come forme naturali del luogo in cui sorgono”?.
Quale approccio scegliere, in un contesto simile, per progettare e poi realizzare questa nuova architettura? Seguire un’alternativa tramite una moderna riscrittura dei volumi oppure ripercorrere, attualizzandoli, i richiami palladiani? Non ci sarà il rischio di voltare prepotentemente le spalle al passato oppure scivolare nell’imitazione, in uno sterile ammiccamento all’esistente?
Non dubitiamo che siano state anche queste le domande che l’architetto mantovano Francesco Pascali si sarà posto all’atto dell’accettazione dell’incarico di progettazione di Ca’ Gioia. Per questo, l’approccio progettuale che ha usato si può condensare in un’unica parola: rispetto.
Racconta a tal proposito Pascali, che ha seguito l’intervento dalle fasi preliminari sino alla chiusura del cantiere in un rapporto di totale condivisione con la committenza: “Abbiamo lavorato quasi quattro anni al disegno di questa architettura per renderla concettualmente un’opera totale… Lavorare di fronte a un capolavoro quale la palladiana Villa Angarano ha imposto un linguaggio progettuale di grande rispetto per il maestro, con l’individuazione di moduli, proporzioni corrette e rapporto tra pieni e vuoti”.
Procediamo con ordine nella descrizione di Ca’ Gioia:
Il contesto: a pochi chilometri dal centro di Bassano del Grappa il paesaggio è di grande suggestione con i suoi vigneti, le colline di S. Eusebio, il fiume Brenta e i primi rilievi montuosi che danno inizio alle Prealpi Venete.
Il sedime: Ca’ Gioia si adagia su un terreno in leggera pendenza, coltivato ad ulivi e piante da frutto, e ricalca l’impronta di un precedente edificio a vocazione agricola: solo un grande parco la separa da Villa Angarano con la quale riflette un continuo dialogo visivo.
L’impianto e i volumi: la nuova architettura residenziale si sviluppa seguendo un disegno planimetrico ad ”L”, determinata dall’unione di due corpi di fabbrica tra loro ortogonali: un volume più basso, con una classica copertura a “capanna”, ad un unico piano, omaggia le antistanti barchesse storiche del maestro cinquecentesco e si innesta su un corpo più alto organizzato su due livelli e che accoglie la vera e propria residenza familiare.
Gli interni: il corpo più alto ospita l’ingresso con area living e dining, la cucina e uno studio, mentre al piano superiore la scala in metallo verniciato bianco e legno di rovere permette di accedere alla zona notte, articolata con tre camere da letto, quattro bagni e un’ampia cabina armadio a servizio delle varie stanze. Nell’altro volume, invece, trovano spazio le autorimesse, una camera per gli ospiti con bagno, un monolocale dedicato al personale di servizio e un grande open space che può accogliere di volta in volta diverse funzioni a seconda delle necessità della famiglia. L’interior è reso omogeneo dalle finiture, scelte in colori chiari per accrescere la luminosità degli ambienti: la pavimentazione è in grandi lastre di Lapitec nella nuance Bianco Crema, finitura Vesuvio, mentre travature in legno e boiserie, sempre in essenza, definiscono rispettivamente il soffitto ed alcune le pareti della casa.
I volumi si presentano con geometrie rigorose, scanditi da un preciso rapporto di pieni e vuoti: al piano terra gli ambienti sono maggiormente aperti e fluidi, con ampie vetrate che agevolano una relazione diretta con il grande giardino.
I materiali: è stata fatta una scelta molto precisa da parte del progettista, “basata sull’utilizzo praticamente esclusivo di un materiale a me molto caro, quale è Lapitec, in tutte le sue declinazioni: facciata, tetto, pavimentazioni esterne, rivestimenti degli ambienti bagno, piano della cucina e di alcuni degli arredi” ha commentato Francesco Pascali.
Per quanto riguarda gli esterni sono proprio le grandi lastre in pietra sintetizzata Lapitec (circa 1,5 x 3 metri di dimensione) a stabilire il ritmo dei pieni e dei vuoti sulle facciate ventilate: sono state calibrate al centimetro a guisa di un rivestimento dalle caratteristiche sartoriali, nella nuance Bianco crema con tre tipi di differenti finiture. Si è optato, per una scelta estetica, di ridurre al minimo le giunture per favorire un’immagine fortemente monolitica dell’architettura.
Anche la copertura, ventilata, è stata rivestita con lastre di Lapitec in Terra Ebano ed interrotta solo dalle aperture dei lucernari e dalla superficie dedicata alle celle fotovoltaiche.
Si può pertanto dire che l’attenzione alla composizione architettonica, all’equilibrio dei volumi ed ai loro rapporti proporzionali ispirati all’illustre presenza monumentale, non abbia posto in secondo piano il felice traguardo di rendere la nuova villa anche un’abitazione con caratteristiche di sostenibilità
Spetta all’intelligenza dell’architetto, […] trovare per ogni circostanza la soluzione più adatta, in continuità con il passato e per rispondere alle esigenze del presente.
Vittorio Sgarbi
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