11. Torta realizzata con stampo in silicone Pavoni Italia 1 e1726740699110
Design

Viviana Degrandi (parte seconda): uno sguardo sul mondo dell’alta cucina.

a cura di Annamaria Cassani

Riprendiamo la conversazione con la designer là dove si è interrotta nel marzo scorso : parliamo di food design e packaging alimentare

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(…) A un tratto mi accorsi che da una finestra illuminata sopra di me veniva fuori un vapore bianco che restava sospeso nel buio. Appena udibili giungevano dall’interno voci di gente indaffarata, rumore di pentole, rumore di piatti.
Era una cucina.
Passando in un attimo da uno stato d’animo tetro a una sensazione di allegria mi presi la testa fra le mani e risi un po’. (…)

Banana Yoshimoto, Kitchen

A.C.

Occuparsi di Food Design significa avere una grande passione per l’arte culinaria tanto da volerle dare valore aggiunto attraverso il design oppure significa avere così tanta passione per il design da trasferirlo su un prodotto finale (il cibo) la cui “vita” sappiamo essere breve?

V.D.

Sono cresciuta in una famiglia con papà panettiere -da lunga tradizione familiare – e mamma, sarta, che lo aiutava in alcune preparazioni culinarie durante la settimana: è stato naturale per me sviluppare una affinità con l’attività di preparazione del cibo e con gli utensili ad essa associati.

I genitori di mio papà, inoltre, avevano in appalto anche un panificio comunale a Milano, che produceva pane per i militari: ricordo che mia nonna ci mostrava strumenti da cucina, provenienti da quel laboratorio, mai visti prima nel paese in cui abitavamo.

Tuttavia non ti nascondo che la collaborazione con l’azienda Pavoni è iniziata in modo casuale, un’opportunità che ho colto e che ha rappresentato una vera e propria sfida all’interno di un settore per me, fino ad allora, sconosciuto.

A.C.

In un tuo post di Instagram del 2019 scrivi “Stamattina sul sito di Italian Gourmet ho trovato un estratto di alcune pagine del libro di Iginio Massari “Non solo zucchero – vol. III.” Questa torta è stata realizzata utilizzando lo stampo disegnato da me, Chiara e Aliki per Pavoni Italia nel lontano 2011.” Mi descrivi cosa si prova nel sapere che il più noto e carismatico maestro pasticciere italiano ha usato un vostro prodotto?

V.D.

Ho provato una grande soddisfazione, soprattutto perché lo stampo era stato disegnato parecchi anni prima: è stata una conferma del buon lavoro eseguito nella fase di progettazione, preceduto da una laboriosa attività di ricerca e di analisi dei cataloghi di aziende del settore, come la francese  PCB Creation, famosa in tutto il mondo per la sua innovazione nelle decorazioni di pasticceria :   abbiamo scoperto un mondo fatto di stampi in silicone, placchette decorative e numerosi altri accessori per un segmento produttivo con un enorme volume d’affari, soggetto a mode e rapidi cambiamenti di tendenza.

Ricordo che nel periodo in cui ci siamo avvicinate a questo tipo di progettazione era molto diffuso il “cake design”, una tecnica per la quale non ho mai avuto particolare interesse perché eccessivamente concentrata sull’estetica a scapito del gusto. Le torte che ho visto presentare ai vari contest erano decorate in modo così elaborato da sembrare più opere d’arte che dolci da consumare; alcune di queste creazioni realizzate in pasta di zucchero contenevano strutture di polistirolo, risultando praticamente inutili dal punto di vista culinario.

Aggiungo che Iginio Massari ha utilizzato anche uno stampo per uova di Pasqua progettato da noi, realizzato sempre da Pavoni Italia.

A.C.
Il packaging alimentare esiste da quando gli uomini hanno avuto la necessità di conservare gli alimenti che hanno imparato a trasformare. Il settore ha visto un grande cambiamento negli anni ‘50 del secolo scorso, nel momento in cui anche l’Europa conosce il consumo di massa e soprattutto i moderni sistemi di distribuzione. Di quali valori, invece, si deve far carico oggi chi progetta e produce imballaggi per i prodotti alimentari che acquistiamo quotidianamente?

V.D
Se parliamo di grande distribuzione, lo studio del packaging alimentare rimane ancora concentrato sulla ricerca di un’estetica accattivante, fondamentale per far emergere un prodotto rispetto ad altri simili: l’aspetto comunicativo diventa importantissimo nel contesto competitivo dei supermercati dove, nella scelta del consumatore, la valutazione degli ingredienti arriva spesso solo in un secondo momento e a seguito di un richiamo “visivo”.

Tuttavia, anche se l’aspetto estetico del packaging rimane importante, in Italia il settore alimentare è meno soggetto ad acquisti impulsivi rispetto ad altre culture, grazie a una tradizione che pone sempre grande attenzione sulla qualità e sulla provenienza del cibo.

Il processo di progettazione del packaging alimentare è simile a quello di qualsiasi altro oggetto, ma comporta considerazioni specifiche come il contenimento dei costi – per non influire eccessivamente sul prezzo di vendita di beni di prima necessità – l’uso di materiali specifici e, come già accennato, l’aspetto estetico.

Oltre ad essere pratico e funzionale, il packaging deve comunicare i valori del brand e del prodotto.

Per questo ambito io auspico un miglioramento nelle possibilità di riciclaggio e riutilizzo, con lo studio, ad esempio, di confezioni progettate in modo tale da poter essere impiegate per altri scopi una volta consumato il contenuto. È una pratica che già fa parte delle nostre abitudini, se pensiamo al recupero, ad esempio, di scatole di latta contenenti dolci o di scatole di cartone dal design particolarmente gradevole.

È ovvio che scegliere questa direzione comporterà un aumento dei costi per le aziende – e non solo – ma se dobbiamo inevitabilmente calarci in un’ottica di riduzione dell’impatto ambientale delle nostre attività, il riuso rappresenta una strada che potremmo percorrere:

è un investimento necessario per preservare l’ambiente e soddisfare le esigenze di consumatori sempre più consapevoli.

La tematica è complessa e implica cambiamenti nell’approccio ai consumi da parte di tutti. Basti pensare che la vendita di prodotti alla spina, introdotta in Italia una quindicina di anni fa anche da alcune catene della grande distribuzione, non ha riscosso grandi successi, nonostante riduca drasticamente i rifiuti in plastica da imballaggi.

A.C.
Il colore è sempre stato un elemento importantissimo nel packaging alimentare: sbaglio o da qualche tempo si vedono sugli scaffali dei supermercati confezioni con colori che fino a qualche tempo fa non ci saremmo aspettati?

V.D.
Confermo: negli ultimi anni, nel settore del packaging alimentare, tradizionalmente legato ai classici colori “caldi” (rosso, giallo, arancione e marrone), sono stati introdotti nuovi colori in gran parte provenienti dalla cultura statunitense, utilizzati soprattutto per i prodotti destinati ai giovani consumatori o per linee di prodotti innovativi. Un esempio è il colore fucsia utilizzato, ad esempio, per la confezione di yogurt proteici.

Il colore nero, tradizionalmente riservato al packaging di prodotti di alta gamma (cioccolatini, caffè pregiato, vino, prodotti gourmet) viene ora impiegato anche per la confezione di prodotti più “umili” per elevare la percezione della qualità dell’alimento oppure per favorire l’espressione di uno stile personale e non conforme alle convenzioni.

Anche il verde salvia sta diventando un colore di tendenza nel settore alimentare, impensabile fino a qualche tempo fa, anche se non mi sono mai spiegata del tutto la motivazione di questa esclusione dato che esistono moltissimi alimenti di colore verde! Questo colore evoca sensazioni di freschezza, naturalità e benessere, caratteristiche molto apprezzate dai consumatori moderni, soprattutto quelli più attenti alla salute e all’ambiente.

In generale penso che questa evoluzione sia dovuta al diverso approccio che le nuove generazioni hanno nei confronti dell’alimentazione e che favorisce un packaging più accattivante, incentrato sulla praticità e sulla velocità di consumo.

A.C.
Parli di velocità di consumo ma il packaging che hai studiato per i panini di Amuse Bouche  ad un primo impatto invita – consentimi l’iperbole – ad una “contemplazione” del prodotto : trovo il tutto gradevolissimo nella sua semplicità. Com’è nato il concept?

V.D.
I panini di Amuse Bouche si distinguono per tre caratteristiche principali: sono piccoli (circa 10 cm di lunghezza), riccamente farciti e richiamano la forma di una bocca, presente anche nel logo aziendale.

Le richieste della Committenza sono state molto precise: la confezione protettiva da asporto doveva essere realizzata con materiali semplici e a basso costo, facile da applicare e rimuovere, capace di enfatizzare l’identità del brand e di proteggere il panino senza deformarlo, mantenendone ben visibile la forma e la farcitura, e doveva essere anche personalizzabile.

Ho subito pensato a una fascetta in cartoncino che avvolgesse il panino in senso longitudinale, permettendo di apprezzare interamente la composizione. Due fori, opportunamente distanziati, consentivano la fuoriuscita delle estremità del panino (un piccolo francesino), adattando così la confezione alle eventuali piccole variazioni di lunghezza che possono verificarsi nei prodotti da forno. La chiusura della confezione tramite un’etichetta adesiva riportante il nome del panino e gli ingredienti garantiva stabilità all’insieme e la necessaria personalizzazione.

Questo packaging si è rivelato ideale sia per il consumo in ufficio -e, in generale, in luoghi dove è possibile mangiare comodamente seduti – sia per il catering, core business di Amuse Bouche. Per la vendita al dettaglio ho invece ideato astucci in cartoncino che, una volta chiusi alle estremità, assumono una classica forma a barchetta, molto pratici per il consumo in movimento poiché proteggono dalla fuoriuscita della farcitura e da contaminazioni esterne.

Sono molto soddisfatta del risultato, dato che questo progetto, che risale al 2016, non solo è ancora in uso oggi ma è diventato parte integrante del brand.


ospite
VIVIANA DEGRANDI
Industrial Design Studio
Spazio BUG18 – Via Tortona 16 – 20144 Milano
📩 info@vivianadegrandi.it

📞 +39 338 1914295

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