Back to the 70’s
a cura di Gigi Trezzi
Smaltita l’ebbrezza della Design Week milanese, una riflessione sulla 62a edizione Salone del Mobile, tra suggestioni e spunti critici.
Avevo già avuto l’impressione di un Salone da record, camminando, anzi, sgomitando nelle corsie e negli stand, per ben 5 giorni e i dati, arrivati subito il giorno dopo la chiusura, lo hanno confermato: oltre 360.000 presenze, +17% rispetto al 2023.
Avevo anche notato una fortissima presenza straniera, ugualmente confermata dai dati: 54% di pubblico estero, superiore a quello interno: ritorno in massa della Cina, in testa nella geografia del mercato globale, ma anche, guardando oltreoceano, una forte presenza dal Brasile, India e Stati Uniti.
Ciò significa che il Salone di Milano continua ad essere la manifestazione più importante al mondo per il Design, sia per il mercato che come indicatore del trend.
Anche se non si può affermare che la tendenza di stile espressa da questo Salone sia stata
univoca, è stata forte l’impressione di una tendenza prevalente: “back to the 70’s”. Forse era già nell’aria, ma, di fatto, la rivisitazione degli anni ‘70 ha accomunato molte aziende, a partire dai top-brand.
Il riferimento è ai primissimi ’70 o, più precisamente, agli anni a cavallo fra i decenni ’60/’70, quelli caratterizzati dal Pop-Design. Questo ritorno è particolarmente evidente nel disegno degli imbottiti, dove ho notato un prevalere delle linee curve, delle forme morbide e sinuose e sedute oversize.
Per gli elementi meno soft il tema di bordi e spigoli a tutto tondo è stato ricorrente.
È certo una questione di “moda”, di corsi e ricorsi storici, quella di riproporre il mood e lo stile di un decennio: mi sembrava che fino a ieri si guardasse agli anni ’50 e ora ravviso questo cambio di rotta, anticipato in realtà già nell’anno scorso con la riedizione di alcuni prodotti cult da parte di aziende storiche.
Quest’anno sembra che le aziende abbiano firmato una sorta di accordo perché ovunque si respirava aria di 70’s e, in questo, io ho letto un desiderio di radicale cambiamento nell’alfabeto delle forme, dei colori e delle finiture a cui si era abituati: una ventata di aria fresca dopo anni di stile “executive-lounge” con le atmosfere da hotel, legni brown, metalli bronze,…
Il risultato?
Laccati lucidi al poliestere aranciati, marroni, melanzana, verdoni preferiti alle essenze lignee per i mobili e, ancora, tanto bianco e colori caldi per i divani, con tessuti a grana sempre più grossa: il trionfo del bouclé!
Anche il luxury ha trovato una sua nuova declinazione: abbandonati l’eccesso di metalli, legni e marmi che abbagliano e le ispirazioni déco, il codice del nuovo lusso sembra essersi trasformato in un mix di tradizione e innovazione con pezzi classici rivisitati in chiave moderna e nuove creazioni che ammiccano fino allo “Space-Age Design”.
Ed il tutto in formato oversize che fa immediatamente intuire le dimensioni delle case cui questi pezzi sono destinati.
Le stesse sovradimensioni che ho ritrovato in molti stand, pensati come iper-ville, grandi talvolta come capannoni industriali: insomma un nuovo modo per esibire lo sfarzo.
Cosa mi è piaciuto?
Premetto che tutto ciò che si espone al Salone del Mobile di Milano, dai prodotti agli stand, è ormai di altissima qualità, sia per disegno che per realizzazione.
Detto questo è, però, sempre più difficile trovare annualmente vere novità: progettisti e aziende da qualche tempo si applicano più che allo studio del prodotto al “mood” in cui lo stesso è calato.
Però nella miriade di proposte si trova sempre qualche “perla” e, se proprio devo fare qualche nome, dico che in questa edizione mi hanno colpito due prodotti: la collezione di sedute modulari di DESALTO, perfetta esercitazione formale molto 70’s, e il divano “Camelot” di FLEXFORM, enormi cuscini sostenuti da staffe in acciaio nel tipico “minimal-style” dell’azienda.
E sempre a FLEXFORM mi sento di dare la palma per il miglior spazio espositivo: uno stand fatto di “niente”, una enorme tenda bianca luminescente che lo perimetrava dando vita ad uno spazio interno dall’atmosfera rarefatta e sospesa, in cui i prodotti c- presentati in una palette di colori che andavano dal crema al marrone – sembravano galleggiare.
Ho percepito un senso di “etica” del Design in contrasto con questi tempi di ostentazione del lusso. Bellissimo!
E, voglio aggiungere, anche democratico perché- udite, udite! – ad “ingresso libero”!
Certo, perché non se ne può più di una moda (vizio) che sta contagiando tante aziende: i lunghi tempi di attesa per visitare i propri stand, anche nei giorni in cui l’accesso è consentito solo agli operatori di settore dopo l’esborso, per il biglietto d’ingresso, di una cifra che non definirei sicuramente “simbolica”.
Questa, mi sento di dire, l’unica nota stonata di una bella 62a edizione del Salone del Mobile di Milano.
s f o g l i a l a g a l l e r i a
Gigi Trezzi architetto
Studio Seveso&Trezzi
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copertina courtesy © Salone del Mobile Milano
Gigi Trezzi