Aziendesign#3: Gruppo Fontanot
Al di là dei gradini
La prima considerazione che scaturisce guardando il catalogo digitale del Gruppo Fontanot (pronunciato così, con la “t” finale) è la somiglianza con quanto Umberto Eco sosteneva a proposito dei libri, del cucchiaio, della ruota o delle forbici. Ecco, mi verrebbe da dire che la scala rientra nella stessa categoria: una volta inventati questi “oggetti” sono insuperabili.
Passano le stagioni, le mode e pure gli uomini ma, per la soluzione del problema, dobbiamo affidarci unicamente a quegli strumenti.
Nella topografia domestica la scala interna all’abitazione, quando c’è, esaudisce innanzitutto il desiderio di funzionalità. Tuttavia si tratta di un prerequisito: l’utilità si è sfarinata lungo i secoli, non perché non sia più valida, beninteso, bensì perché la consideriamo acquisita, dovuta.
Al contrario, un altro fattore è assurto alla ribalta, soprattutto in anni recenti: è la dimensione estetica, che incide sulla funzionalità e la esalta.
“Proprio così” ci conferma Andrea Pini, direttore commerciale dell’azienda “L’appeal estetico è oggi indispensabile e costituito da altri due importanti elementi: il materiale e il colore”.
A proposito di quest’ultimo, ci rivela, è curioso sottolineare come in Francia, per esempio, il Gruppo Fontanot consegni da tre anni quasi esclusivamente scale nere; Germania e USA non sono da meno; in Italia invece sono spessissimo bianche o, ultimamente, in cristallo o coi gradini in marmo, recentemente riscoperto come finitura. Nei Paesi nordici la richiesta si indirizza sul legno e le sue differenti essenze. Guai a proporre, in Svezia, una scala in laminato: “Non la vuole nessuno” dice sorridendo Andrea Pini.
La produzione del Gruppo Fontanot copre ogni fascia di acquirenti: ci sono scale dal disegno semplice e funzionale che troviamo nei reparti “hobbistica” della grande distribuzione e che possiamo montare da noi stessi; ci sono quelle destinate ai rivenditori specializzati o al settore “contract”, con un design e delle finiture già più sofisticati, per arrivare, infine, alla scala personalizzata. In questo caso è spesso l’architetto che si occupa della progettazione della casa che propone un suo modello, coerente col resto dell’arredo. Qui l’ufficio tecnico dell’azienda interviene per confortare la riuscita “millimetrica” del manufatto e per suggerire soluzioni ingegneristiche ottimali
Ascoltando Pini non posso che considerare come la scala, a giorno, a chiocciola, a rampa, elicoidale, in cristallo, in acciaio, ecc. abbia il potere di rimodellare le nostre vite e i nostri ambienti, di agire su meccanismi interiori di fascinazione per cui sovrapponiamo la concretezza delle giornate all’andatura della nostra immaginazione: la scala mescola registri e stili diversi con coraggiosi esercizi ingegneristici, un insieme di “semplici” gradini capace di stupirci.
Chiedo: c’è qualcuno in azienda che “battezza” i vari prodotti?
“E’ il nostro ufficio comunicazione che si occupa di nominare le nuove realizzazioni, sebbene spesso è durante la progettazione o la costruzione del prototipo che se ne decide il nome” ci dice Pini. Ma non è tutto: “Il Paese verso il quale esportiamo i nostri modelli è indirettamente partecipe del naming. La lingua, e gli eventuali doppi sensi, la pronuncia o la presenza di lettering particolari ci indicano le alternative. Un esempio per tutti: una scala destinata al mercato statunitense non può contenere, secondo noi, troppe “k” … lo sfumato richiamo al ku klux klan è ritenuto inopportuno. La decisione finale è collegiale, recepisce gli stimoli e le idee di molti collaboratori dell’azienda”.
Rimane un fatto: sovrapporre “made in Italy” alla confezione è un pregio e una forma di distinzione che avvantaggia il Gruppo Fontanot nelle preferenze del consumatore, soprattutto all’estero. Il mercato italiano è molto polverizzato, ci sono tanti concorrenti “di nicchia”: chi vuole una scala di collegamento ai piani nella propria abitazione ha di fronte il singolo artigiano che può realizzarla seguendo l’arte della falegnameria, oppure un abile muratore o, ancora, immaginarsela in ferro battuto. L’altra caratteristica italiana è “geografica”: nei centri urbani, soprattutto più grandi, il mercato è marginale; al contrario, in provincia o nei centri minori, è più abituale incontrare case su più livelli, anche per conformazione “storica” degli ambienti e per la frequenza delle ristrutturazioni che recuperano spazi in orizzontale e in verticale. Il patrimonio residenziale nostrano è maggiormente costituito da edifici in condominio, nelle grandi città, e da case indipendenti per il resto: s’intuisce perciò il differente approccio all’utilizzo di una scala interna.
Fuori dall’Italia, più abituato al prodotto standardizzato, viene spedito ben il 70% della produzione: nell’Europa Occidentale, in Scandinavia, in USA (dove c’è la storica filiale ad Atlanta) e in Israele. L’Oriente è, per il momento, un mercato che deve ancora fiorire, anche per un peculiare tessuto residenziale che riferisce una determinata modalità dell’abitare.
E’ interessante l’incremento della produzione che il Gruppo Fontanot ha sviluppato negli anni crescendo per numero di addetti e fatturato. L’azienda è riuscita a standardizzare molti passaggi di lavorazione ottenendo due risultati molto apprezzabili: il primo, rivela una convenienza di costo per l’acquirente proprio perché i processi sono uniformati e comuni per varie tipologie di scala. Il secondo soddisfa i gusti: pur realizzando scale “in serie”, non si deve rinunciare ai propri desideri di richiedere finiture e materiali che meglio s’allineano col contesto della nostra casa.
E’ sempre Andrea Pini che mi spiega come mai una scala può avere una “personalizzazione standardizzata”, che pare un ossimoro visto da fuori: infatti, le altezze dei locali in un’abitazione variano, così come variano gli spessori delle solette oppure i fori, più o meno larghi, di collegamento fra i piani o, ancora, gli elementi strutturali che impongono dei “giri scala” che lasciano senza parole.
“Abbiamo studiato una serie di variabili e le abbiamo rese uniformabili alle varie caratteristiche interne delle case, anche brevettandole” mi rassicura Pini e continua: “Tramite elementi regolabili possiamo infatti far scorrere i gradini in orizzontale e così anticipare o allineare diversamente tutta la scala, in avanti o indietro. Come pure possiamo variare al millimetro l’altezza del gradino, arrivando al piano superiore con precisione”.
Interessante, certo. Ma la spiegazione mi fa venire in mente un’altra cosa: quando Leonardo da Vinci s’inventò “l’uomo vitruviano”, che tutti conosciamo perché racchiuso in un cerchio con gambe e braccia spalancate, sintesi della rappresentazione delle misure e delle proporzioni ideali in architettura. Anche qui, chiedo, esiste un gradino ideale, per altezza (alzata) e profondità (pedata)?
Ebbene sì. L’esperienza di Pini ci rassicura: l’altezza, ormai diventata misura internazionale, è stabilita tra i 17 e i 19 cm. È ovvio che la minore garantisca più comodità. La profondità, invece, è più variabile, in relazione allo spazio disponibile: i 24 cm. sarebbero ottimali. Eccezioni ce ne sono però: in India abbiamo un’alzata intorno ai 15 cm. Nei Paesi nordici, dove le persone sono mediamente più alte, stiamo tranquillamente sui 19/20 cm. Nelle scale a chiocciola, che nascono frequentemente per spazi ridotti, arriviamo ad un’alzata sui 21/22 cm. In questi casi il diametro “comodo” non può stare sotto i 130 cm sebbene il Gruppo Fontanot ne realizzi anche con raggio da 50 cm.
Il sito web contiene le risposte per ogni tipologia di acquirente: dove sono i punti vendita aziendali, come acquistare online col configuratore e farsi spedire la scala direttamente a casa, quali modelli l’azienda propone e, preziosissimo, un call center che risponde ad ogni requisito tecnico, anche di montaggio se fossimo così volenterosi da metterci ad assemblare i pezzi da soli.
Negli ultimi tempi il lavoro è aumentato: i bonus edilizi hanno amplificato le occasioni per ristrutturare e anche le scale ne hanno tratto giovamento. Si tratta soprattutto della volontà di rinnovare la casa e una nuova scala interna, attuale per finiture e design, è capace di cambiare il volto dei nostri ambienti.
Alla fine della nostra chiacchierata chiedo a Pini se ha qualche dispiacere e qualche vanto aziendale. La risposta è rapida e schietta: “Ci sarebbe piaciuto realizzare il progetto che abbiamo presentato per il Palazzo delle Nazioni a Ginevra, ma non è successo”. Poi però lui subito riguadagna il sorriso elencando il modello costruito a Losanna per la Federazione del Baseball, in krion e noce americano, per un’altezza di quattro piani; oppure la scala per l’hotel Il Sereno di Como, disegnata da Patricia Urquiola, e poi … E poi faccio fatica a fermare il suo entusiasmo.
Perché una scala è forse anche questo: la capacità di registrare la nuda realtà delle cose, la funzionalità cui facevo cenno all’inizio, e restituire un’emozione, lo stupore inafferrabile dove arte ed esistenza si completano.
s f o g l i a l a g a l l e r i a
a cura di
Riccardo E. Grassi
guest
Fontanot
Via P.P.Pasolini 6,
47853 Cerasolo Ausa, Rimini, Italy
e-mail: info@fontanot.it