cover
Design,  Interviste

Monica Zucchelli: la cura del disegno, il disegno come cura.

“Mi piace disegnare per progetti che parlino di entusiasmo e di futuro” M.Z.

Accade sempre così.

Ogni volta che incontro una persona per la prima volta succede che, ascoltandone i racconti, mi si proietti nellaRitratto Monica Zicchelli mente un film, una sequenza di fotogrammi verosimili che nasce istantaneamente, di pari passo col procedere della narrazione di coloro che fino a poco prima rappresentavano per me dei “perfetti sconosciuti”.
E più avanti, ritornando col pensiero all’incontro, mi risulta facile svolgere la “pellicola” che mi sono costruita per consolidarne il ricordo.
Nel caso di Monica Zucchelli, affermata interior designer lodigiana, il film inizia con una giovane donna nata e cresciuta in un tranquillo capoluogo di provincia e che, terminati gli studi istituzionali e acquisite le specializzazioni secondo i naturali interessi, trova impiego in uno studio cremonese di architettura con succursale a Pechino.
In breve tempo Monica diventa un’importante risorsa per i partners, anche per le sue capacità di gestione complessiva delle varie attività, compresa quella di coordinamento con i colleghi asiatici che la vede presente a quelle latitudini numerose volte l’anno, libera com’era da impegni familiari che potessero impedirle assenze prolungate da casa.

Il rientro nella sede italiana è sempre accompagnato da una valigia colma di quella esperienza internazionale che nel corso del tempo le ha insegnato l’importanza, nell’ambito della progettazione architettonica e dell’interior design, dell’attività di collaborazione tra studi diversi e delle specifiche competenze.
Ma un giorno accade qualcosa di inaspettato, una frase inopportuna che mina la sua professionalità: un commento ingeneroso all’interno dello studio italiano le arriva come una frustata e come tale fa molto male.

Lascia lo studio cremonese, ma non prima di aver portato a termine gli impegni già in essere, e riparte da zero o, meglio, con un solido bagaglio d’esperienza e con la determinazione che da sempre la caratterizza: apre un proprio studio di progettazione a Lodi, proprio di fronte al negozio di quel fruttivendolo che da piccola la salutava storpiandole sempre il nome. Ciao Mòkika”, le diceva, e lei si arrabbiava.

A distanza di anni Mòkika è diventato il nome che raccoglie tutte le collezioni di grafica artistica di Monica Zucchelli.

Annamaria Cassani
Monica, partirei ponendo l’accento sulla tua sensibilità che ha portato alla creazione del progetto “Mòkika”, tessuti artistici per un “modo di essere, non di apparire”. Ci spieghi qual è stata la genesi di questo progetto che tu stessa hai definito essere il ramo sperimentale di MZ ADI Studio?

Monica Zucchelli
Il progetto Mòkika nasce da una sentita esigenza di creare una via di fuga dalle restrizioni del mio lavoro: norme, regolamenti e vincoli, seppur necessari, lasciavano poco spazio alla creatività e all’amore per il disegno che mi è sempre appartenuto.
Ho iniziato a disegnare tutto ciò che mi passava per la mente: disegnavo e disegnavo…, e più disegnavo più prendevo coscienza del valore terapeutico che per me aveva quell’attività.

E’ nel 2017 che è avvenuta la svolta, in occasione dell’ esposizione “PERCORSO SEMPRE IN PIEDI”, al Palazzo delle Stelline di Milano,

per la quale avevo realizzato un’installazione di 5 metri per 3,  ottenuta dall’assemblaggio di miei pannelli artistico/decorativi: ero molto indecisa su cosa avrei potuto indossare nel giorno dell’evento inaugurale e mi è venuta l’idea di far stampare tutti i bozzetti prodotti per quell’esposizione sul tessuto con il quale ho confezionato la gonna che ho poi indossato per l’occasione.
Dopo il debutto il progetto Mòkika si è concretizzato con le collezioni di grafiche che possono essere declinate non unicamente su tessuto ma su vari supporti.

A.C.
Quindi, qual è il significato che attribuisci allo slogan: “un modo di essere e non di apparire”?

M.Z.
Il progetto Mòkika non segue mode: come ho detto poco fa è nato da una esigenza strettamente personale, senza fini commerciali.
Le cose poi hanno seguito strade impreviste ed il mio linguaggio grafico, caratterizzato da un disegno molto chiaro e deciso, è stato favorevolmente accolto dal pubblico.
Tengo tuttavia a precisare che sono molto attenta nel valutare gli scopi per i quali vorrebbe essere utilizzata la grafica di Mòkika: prediligo impieghi che abbiano alle spalle racconti, storie belle e principi etici condivisibili. Ho realizzato con questi presupposti, ad esempio, la grafica per l’azienda agricola pavese “Le nocciole di Greta” e, ancora, il progetto per un tessuto che fa parte delle attività svolte all’interno del carcere femminile della Giudecca a Venezia.

A.C.
Il simbolo del progetto Mòkika, che ha una serie di collezioni dedicate alla rappresentazione di facce,  è una bocca rossa simile ad una foglia. Emana, a mio avviso, una elegante sensualità. Come l’hai pensata e quale significato le attribuisci?

M.Z.
Ho iniziato a disegnare facce col cellulare. Ogniqualvolta rimanevo colpita dal viso di qualche passante che incrociavo percorrendo le strade delle varie città, ne immortalavo i tratti essenziali e caratteristici disegnandoli col dito -sì, proprio col dito– sul display del telefono con l’ausilio di semplici programmi grafici.
Visi diversissimi che ho voluto accomunare con un elemento che ritengo essere il simbolo di un linguaggio universale: la bocca/foglia è diventata l’elemento immediatamente riconoscibile, il trait d’union delle facce di Mòkika.

A.C.
Dal tuo profilo Instagram emerge la passione per i viaggi di cui spesso evidenzi le suggestioni cromatiche che derivano percorrendo le strade delle città che visiti e che, immagino, offrano notevoli spunti per il tuo lavoro; emerge anche un profondo legame con la tua città, Lodi. È questo il tuo luogo del cuore? Hai rapporti con la metropoli milanese che si trova a pochi chilometri di distanza e che è considerata la capitale del design?

M.Z.
I viaggi sono sicuramente per me una fonte di ispirazione, ma le idee mi si affacciano alla mente in un secondo momento e a seguito di una rielaborazione emotiva dell’esperienza che ho vissuto.
Il mio ultimo progetto grafico, ad esempio, si chiama “Monello” ed è nato dalle suggestioni che Lisbona, una città sospesa tra benessere e povertà, e i suoi giovanissimi abitanti incrociati percorrendone le strade, mi hanno trasmesso. Ritengo di avere una grande capacità di adattamento, che mi consentirebbe di lavorare ovunque, ma rimango fortemente legata a Lodi: qui sono cresciuta, qui abito, qui ho il mio studio e i miei legami familiari più stretti.
Questa città di provincia conserva i ricordi di cui ho bisogno e mi offre l’atmosfera che mi piace ritrovare ogni volta che ritorno da un viaggio o quando voglio staccare dalla vita frenetica che conduco e che gravita anche sulla metropoli milanese.

In sintesi per me Lodi è uno stimolante punto di partenza ed un accogliente luogo per il ritorno.

A.C.
Sul tuo sito web hai scritto che ogni tuo lavoro come interior designer è il risultato di una ricerca del giusto equilibrio tra tre elementi che reputi fondamentali: l’impatto immediato, la funzionalità e la resa estetica. Siamo tutti d’accordo su funzione ed estetica: approfondiamo invece l’aspetto dell’ “impatto immediato” cui attribuisci il valore dell’originalità di un progetto? Non si rischia di rendere troppo personale il progetto stesso che potrebbe dipendere solo dalle suggestioni dell’interior designer?

M.Z.
In questo contesto per “impatto immediato” non intendo la restituzione della prima impressione che ho visitando i luoghi oggetto di progettazione, ma il risultato di un’analisi dei dati che emergono (esigenze, priorità, gusti, consuetudini, ecc.) dall’imprescindibile attività di attento ascolto che esercito nei confronti del Cliente.
È dall’ascolto, associato alle soluzioni tecnico/spaziali, che deriva il progetto che, obbligatoriamente, deve essere la rappresentazione della persona o delle persone che andranno ad abitare in quel luogo. E che diventerà il loro biglietto da visita, non il mio!

A.C.
Si può riconoscere una cifra stilistica nei tuoi lavori di progettazione di interior?

M.Z.
Definirei il mio stile progettuale lineare e privo di fronzoli. Dal punto di vista dell’approccio personale io affronto la progettazione come un gioco divertente, un puzzle: si tratta di mettere insieme con precisione tanti “pezzi” in funzione delle richieste del committente per ottenere il desiderato risultato finale d’insieme.

Penso che un progetto di interior debba trasmettere bellezza a prescindere dagli arredi:

quando si entra in una casa si deve percepire il buon disegno che è alla base, anche quando è vuota. 
Un progetto di interior non consiste nel riempire gli spazi con mobili di design firmati, ma ritengo che sia a livello di spazialità architettonica, di illuminotecnica e di scelta/abbinamento dei materiali che si debba ricercare l’armonia.

A.C.
C’è un racconto, un aneddoto simpatico (o anche meno simpatico!) inerente alla tua
professione che vuoi condividere con noi?

M.Z.
Ti racconto un episodio che, da poco piacevole, si è trasformato nell’occasione della mia vita.
Siamo agli inizi degli anni Duemila e nello studio cremonese, in cui lavoravo da più di cinque anni con mansioni anche di responsabilità, mi era stato chiesto di partire per la succursale di Pechino, in sostituzione del titolare che aveva avuto degli imprevisti.
Avrei dovuto pianificare tutto in fretta e furia e sicuramente non sarebbe stato un problema se avessi ricevuto sufficiente aiuto nell’organizzazione che invece sembrava dovesse rimanere totalmente a mio carico, a differenza di quanto percepivo accadesse nei confronti di altri collaboratori.
Alle mie rimostranze si è risposto con una frase che ho trovato immeritata ed inaccettabile: “Monica, non hai spirito di gruppo!” .
Ho depositato immediatamente le chiavi su una scrivania e ho chiuso la porta d’ingresso alle mie spalle. A Pechino ci sono andata lo stesso, ma nel frattempo avevo maturato la certezza che per me si stava disegnando un percorso nuovo, stimolante anche se, sicuramente, non facile.
Mi sono accollata il rischio e a Lodi ho aperto il mio studio:
a distanza di quasi 20 anni posso ancora dire che è stata la migliore scelta che potessi fare!
Mi occupo di progettazione e contemporaneamente, quando mi sento un po’ troppo oppressa dalla burocrazia e dalla normativa di settore, do sfogo alla mia creatività percorrendo le strade del mondo di Mòkika.

A.C.
Monica, ti ritieni una donna di successo?

M.Z.
Ritengo di essere una persona che ha un grande rispetto per gli altri e che dagli altri ha ottenuto rispetto.

Mi piace pensare di essere considerata “una belle persona” (*)

(*) …ed è quello che, sotto gli occhi di tutti, emerge dal tuo profilo Instagram Monica! A.C.


s f o g l i a l a g a l l e r i a

text
ANNAMARIA CASSANI

guest
MZ ADI STUDIO
MONICA ZUCCHELLI
interior designer
Via Borgo Adda  74
26900  LODI (LO)
📞 +39 0371 424982
📩 mzadistudio@mzadistudio.eu

images courtesy
MZ ADI STUDIO


folderonline antracite

Hey, ciao 👋
Piacere di conoscerti.

Iscriviti per ricevere i nuovi articoli direttamente nella tua casella di posta non appena vengono pubblicati.

Accetta i termini sulla privacy *

Non inviamo spam! Leggi la nostra Informativa sulla privacy per avere maggiori informazioni.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *