Balcone: un locale in più?
Lo spazio esterno: un luogo, una funzione, un accessorio emozionale capace di farci sentire a casa in modo nuovo.
Adesso è sulla bocca di tutti.
Qualche pagina sui giornali, un paio di dati statistici, professionisti dell’edilizia e dell’architettura che ne parlano: è la necessità del balcone, del giardino, dell’outdoor insomma.
E quest’esigenza sembra sia scaturita da un nuovo scenario: un virus letale che ci ha confinato tra le nostre quattro mura. E sempre per causa sua stiamo anche scoprendo delle nuove utilità, che forse avevamo semplicemente dimenticato, riferibili agli ambienti della casa.
Così vediamo un angolo del soggiorno, oppure il tavolo della cucina, trasformarsi in una funzione che probabilmente non avremmo mai supposto: il nostro nuovo posto di lavoro.
C’è però anche un altro spazio, spesso poco considerato ma che è diventato il luogo della pausa, della boccata d’aria, del ristoro: l’outdoor appunto.
Quindi se, vittima dei tempi, è ormai acclarata questa nuova funzione, è poco nota l’esigenza che, invece, già da tempo abbiamo visto emergere proprio riguardo a tali spazi esterni da parte delle persone.
Il fatto che il balcone, in particolare, fosse diventato un atout imprescindibile per identificare un “buon appartamento”, è suggerito da una ricerca effettuata, l’anno scorso, tramite un panel di persone che intendevano cambiar casa.
In particolare, i soggetti non chiedevano che l’alloggio fosse semplicemente dotato di balcone, anzi ne davano quasi per scontata la dotazione, bensì che si trattasse di un bel balcone, intendendolo grande, spazioso. Gli addetti ai lavori se ne occupano più che altro per gli aspetti tecnico-architettonici, edilizi, manutentivi. Al contrario, per chi desidera cambiar casa questi aspetti arrivano dopo: contano invece i comportamenti, le aspettative, le abitudini e i desideri incalzati da suggestioni, spirito di emulazione, socialità, benessere, qualità della vita.
L’interesse delle persone è focalizzato sulla dimensione emozionale che può garantire lo spazio esterno, è magnetizzato da valenze simboliche, relazionali. Cioè, il balcone ha a che fare, innanzitutto, con le nostre aspirazioni, è un sogno nel cassetto, un “oggetto” ideale prima che fisico.
La ricerca ci ha mostrato che, se era vero tutto questo, per affrontare il tema outdoor occorreva rifarsi alla psicologia motivazionale, alla sociologia, al marketing e, naturalmente, all’architettura.
Ebbene, dalla volontà di cambiar casa emergeva una sorta di olistica well living che però l’abitazione da sola non risolveva: serviva, secondo gli intervistati, la fisicità di quello spazio esterno per rendere concreto un piacere che altrimenti faticavamo a spiegarci.
Il balcone era un luogo mentale capace di offrire alle perso-ne un modo per tornare a riappropriarsi del loro tempo.
Si era presentato un dato statisticamente avvincente: le persone intervistate cercavano qualcosa di evocativo, uno spazio in grado di esprimere sfumature edonistiche e ricreative.
Un “luogo” capace di regalare qualche piccola epifania di ristoro, di pace, di sogno.
Questa era la nuova esigenza: la funzionalità dell’appartamento veniva data per scontata, la presenza di un balcone spazioso non stava su una scala di priorità, lo era.
testo Riccardo E. Grassi
immagini Adobe Stock